venerdì, Aprile 26, 2024

Al Museo Nazionale di Napoli la Grande Mostra dell’Impero Romano d’Oriente

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Carlo Farina
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Carlo Farina - cura la pagina della cultura, arte con particolare attenzione agli eventi del Teatro San Carlo, laureato in Beni culturali, giornalista.

Ancora una preziosa mostra al Museo Nazionale di Napoli che, dal 21 dicembre 2022 al 13 febbraio 2023, espone oltre 400 opere sull’Impero Romano d’Oriente.

Inaugurata questa mattina al Museo Nazionale di Napoli (MANN) la prestigiosa mostra sui Bizantini, curata da Federico Marazzi (Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli), che si sviluppa in quindici sezioni con le fasi storiche successive all’impero Romano d’Occidente, dedicando un importante focus a Napoli (città “bizantina” per circa sei secoli, dopo la conquista da parte di Belisario e le sue armate nel 536 d.C.) e approfondendo i legami fra Grecia e Italia meridionale. 

Il progetto scientifico dell’esposizione è stato sviluppato da un team di studiosi italiani della civiltà bizantina, team guidato dallo stesso Federico Marazzi e composto da Lucia Arcifa, Ermanno Arslan, Isabella Baldini, Salvatore Cosentino, Edoardo Crisci, Alessandra Guiglia, Marilena Maniaci, Rossana Martorelli, Andrea Paribeni ed Enrico Zanini. La mostra, coordinata da Laura Forte (Responsabile Ufficio Mostre al MANN) e organizzata da Villaggio Globale International, è realizzata con il sostegno della Regione Campania (POC Campania 2014-2020) e in collaborazione con l’Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa” di Napoli.

Il progetto di allestimento è di Andrea Mandara e quello grafico di Francesca Pavese.Diversi i temi affrontati: la struttura del potere e dello Stato; l’insediamento urbano e rurale; gli scambi culturali; la religiosità; le arti e le espressioni della cultura scritta, letteraria e amministrativa.

Sono oltre quattrocento le opere esposte, provenienti dalle collezioni del MANN e da prestiti concessi da 57 dei principali musei e istituzioni che custodiscono in Italia e in Grecia materiali bizantini (33 istituti italiani, 22 musei greci isole incluse, Musei Vaticani e Fabbrica di San Pietro).

Grazie alla prestigiosa collaborazione con il Ministero Ellenico della Cultura, molti dei materiali in allestimento sono visibili per la prima volta: diversi manufatti sono stati rinvenuti, infatti, nel corso degli scavi per la realizzazione della metropolitana di Salonicco. Altri reperti, concessi in prestito dalla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per il Comune di Napoli, sono stati ritrovati negli scavi della linea 1 della metropolitana. 

Gli oggetti in mostra si distinguono per la varietà di materia e funzione: sculture, mosaici, affreschi, instrumentum domesticum, sigilli, monete, ceramiche, smalti, suppellettili d’argento, oreficerie ed elementi architettonici danno conto di una complessa realtà, connotata da eccellenze manifatturiere e artistiche. Grazie ai simboli dell’Impero d’Oriente, la creatività del mondo antico “transita”, così, verso il Medioevo, con un linguaggio rinnovato dalla fede cristiana e arricchito da innesti culturali iranici e arabi. 

L’esposizione è accompagnata da un ricco apparato editoriale:  catalogo scientifico (in uscita a gennaio 2023), guida breve, pubblicazione degli itinerari bizantini della Campania e guida dedicata ai bambini. Dopo circa quarant’anni dall’ultima esposizione in Italia, una mostra racconta il mondo affascinante e complesso dell’Impero Bizantino e del suo mito: quell’Impero Romano d’Oriente (Romèi erano chiamati e si autodefinivano i suoi abitanti), sopravvissuto per quasi dieci secoli alla caduta della pars Occidentis, quando il barbaro Odoacre nel 476 riuscì a deporre l’ultimo imperatore d’Occidente, Romolo Augustolo. 

Fu allora che Costantinopoli, la città sul Bosforo, l’antica Byzantion rifondata nel 330 dall’Imperatore Costantino come “Nuova Roma”, divenne il centro e il cuore politico, istituzionale e culturale dell’Impero Romano. Un Impero che, di fatto, continuò a vivere fino al 1453 (anno della caduta della capitale in mano ai Turchi di Maometto II), assumendo nel tempo connotati diversi: la lingua greca, ad esempio, era usata per gli atti ufficiali e il Cristianesimo era stato assunto come religione di stato, fondante l’identità dell’Impero. 

Questo “mutamento di pelle” indusse gli eruditi, dal Seicento in poi, a cercare un nuovo nome – Impero Bizantino – per indicare una realtà politica che connetteva Oriente e Occidente, contribuendo così innegabilmente non solo alla formazione dell’Europa medievale, ma anche alla genesi dell’Umanesimo.

Una volta superati i pregiudizi primo-settecenteschi, che associavano al bizantinismo le negatività di una burocrazia invalidante e di una società statica, il mito di Bisanzio, impero multietnico, è cresciuto in questi ultimi tempi. Nell’atrio del MANN, sul grande capitello (marmo proconnesio, VII secolo d.C., proveniente da Costantinopoli e conservato al Museo archeologico “Paolo Orsi” di Siracusa), campeggiano la croce e il chrismón (il monogramma composto dalle lettere greche X-chi e Prho) del nome di Cristo: l’arte e la bellezza sono i principali veicoli per celebrare il trionfo della cristianità. 

Accanto a questo manufatto alcuni oggetti simbolici introducono al percorso espositivo che si sviluppa nel Salone della Meridiana: un viaggio nella storia dei Bizantini dal 330 al 1204, anno della quarta crociata, che determinò la conquista latina di  Costantinopoli e il momento cruciale nel processo di dissoluzione dell’Impero. 

Ecco, dunque, il grande mosaico pavimentale del MANN (oltre 4,5 m di lunghezza), proveniente dal sito archeologico dell’antica colonia romana di Minturnae e caratterizzato da motivi geometrici, figure zoomorfe e vegetali; la lastra con due animali- un pegaso con testa e zoccoli equini e un grifo con testa di uccello e unghie di leone – del Museo archeologico di Cagliari; il frammento di mosaico pavimentale dalla Basilica di San Severo a Classe dal Museo Nazionale di Ravenna, con bordi multicolori e vivaci caratterizzazioni cromatiche. 

Nel Salone della Meridiana il visitatore è accolto da  opere iconiche: la statua di un giovane aristocratico romano, che debutta nell’agone politico inaugurando le corse dei carri (il manufatto è in prestito dal Museo Centrale Montemartini), e il busto del pensieroso filosofo greco dal Museo archeologico di Salonicco rappresentano bene, in apertura, un mondo in profonda trasformazione.

Presto, infatti, le classi aristocratiche si faranno portavoce di un nuovo sentimento cristiano: l’imperatore non sarà più considerato un dio in terra ma il rappresentante in terra dell’unico Dio e Costantinopoli diverrà la porta di accesso a una nuova dimensione. In un focus specifico, la mostra ricorda il duraturo intreccio dei destini di Napoli e Bisanzio: un legame stretto dal 536, anno in cui Napoli fu conquistata dalle armate dell’Impero Romano d’Oriente, sino al 1137 quando, dopo la morte dell’ultimo duca Sergio VII, la città si consegnò al re di Sicilia, il normanno Ruggero II. 

Un lasso temporale in cui l’attuale capoluogo campano e il suo territorio vissero un duraturo periodo di autogoverno e indiscussa autonomia da dominazioni straniere: dagli anni Trenta del IX secolo, infatti, il controllo imperiale diretto si era indebolito e Napoli, pur continuando a essere formalmente dipendente da Bisanzio, aveva istituito un ducato autonomo, sostenuto dall’aristocrazia locale. 

Diversi reperti in allestimento sono testimonianze di queste contaminazioni culturali: epigrafi e iscrizioni greco-cristiane, elementi architettonici con schemi compositivi e simboli della scultura bizantina, anfore che testimoniano floridi e costanti contatti con l’Oriente. Fra le suppellettili della vita quotidiana, accanto a ceramiche invetriate, lucerne, oggetti d’uso comune, vi sono anche: i busti in marmo di due coniugi rinvenuti insieme (inizio del V secolo, dal Museo archeologico di Salonicco); alcune raffinate stele; le corone nuziali in bronzo dal Museo Cristiano e Bizantino di Atene e, soprattutto, i preziosi gioielli simbolo della raffinatezza e della maestria orafa bizantina. 

La ricchezza del corpus espositivo connota tutte le sezioni della mostra, sottolineando le connessioni che l’Impero bizantino creò tra mondo occidentale e orientale. A testimoniare l’importanza del sacro nella cultura bizantina si possono ammirare, nel Salone della Meridiana: un pannello dipinto di due metri, con San Giorgio e San Nicola; una bellissima icona di San Anastasia da Naxos; un mosaico con ritratto (705 – 707) e uno con la Lavanda del Bambino, provenienti dall’oratorio dedicato al papa greco Giovanni VII nella Fabbrica di San Pietro.

L’allestimento, inoltre, comprende basi d’altare, calchi in gesso di transetti ravennati, straordinari capitelli, lastre di pulpito, parti di sarcofagi e di iconostasi, ampolle ed epigrafi che giungono da Grecia, Ravenna, Cagliari, Siracusa, Agrigento, Torcello, Gaeta e Cortona; dai Musei Vaticani è concessa in prestito una lastra in marmo bianco in cui compaiono croci sia a rilievo che graffite e incisioni in armeno e latino. 

Tra le opere esposte sono eccezionali i prestiti dalla Biblioteca Laurenziana di Firenze, da cui giungono un preziosissimo Tetravangelo greco di fine XI-inizi XII secolo, forse già nella biblioteca di Lorenzo il Magnifico – esemplare unico per lo splendido apparato decorativo tra cui risaltano 294 miniature in campo aperto – e una straordinaria miscellanea di testi medici e fisiatrici.

La miscellanea, prodotta a Bisanzio nel X secolo con un’elaborata iconografia, è appartenuta alla collezione medicea e per un certo periodo è stata trasferita anche a Roma per volere di Papa Clemente VII. Dalla Grecia, invece, sono concessi in prestito un incredibile Lezionario miniato della metà dell’XI secolo (dall’Eforato di Antichità delle Cicladi) conservato ad Amorgos, e un Rotolo con la divina liturgia di S.Giovanni Crisostomo (XII/XIII sec) dal Museo Cristiano e Bizantino di Atene. Il celebre scrittore inglese Robert Byron attribuiva la grandezza di Bisanzio alla «triplice fusione» di un corpo romano, una mente greca, un’anima orientale e mistica.

Una fusione che l’arte e la cultura interpretarono e seppero diffondere attraverso i secoli, come emerge dalla ricchissima mostra “Bizantini. Luoghi, simboli e comunità di un impero millenario” in programma al Museo Archeologico Nazionale di Napoli dal 21 dicembre 2022 al 13 febbraio 2023. 

“Esiste una Campania archeologica dopo la caduta di Roma e raccontare in una grande mostra i mille anni di questo impero è per il MANN una nuova tappa del percorso, partito dai Longobardi, verso una più completa identità del nostro stesso museo. Napoli bizantina è un tema cruciale e per molti sarà una sorpresa, alla scoperta di un intreccio di destini tra la città e l’impero lungo sei secoli, dopo la sottomissione a Roma, il tratto più lungo della sua storia. E anche quando il dominio bizantino di Napoli evaporò, questo legame con l’Impero non fu mai rinnegato e si trasformò in volano per tenere vivi i contatti con il Mediterraneo, la tensione verso altri mondi. Il MANN è quindi il luogo ideale in Italia per raccontare questa storia”, commenta il Direttore del Museo, Paolo Giulierini. 

I Bizantini a Napoli

Riduzioni e convenzioni

Gallerie d’Italia – Ingresso ridotto al MANN (9 euro) e a Gallerie d’Italia (4 euro) in occasione di ‘Artemisia Gentileschi a Napoli’, mostrando in biglietteria i tickets dei rispettivi musei. Fino all’8 gennaio 2023

Dal 21 dicembre al 13 febbraio

ExtraMann – Per tutti i visitatori degli oltre 40 luoghi d’arte e cultura della rete Extramann ingresso scontato al MANN di 2 euro

Teatro Bellini – Mostrando il biglietto o l’abbonamento al Teatro, ingresso scontato di 2 euro al MANN.

Per i possessori di biglietto MANN e abbonamento, riduzioni al teatro Bellini (18 euro) e al Piccolo Bellini (12 euro)

Abbonamenti MANN

OPEN MANN FEST-  Fino all’ 8 gennaio prezzo promo: 19 euro adulto, 36 euro family (due adulti più minori) 4 euro academy,  Acquistando la card in biglietteria si può ritirare un omaggio del museo



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