martedì, Aprile 30, 2024

Parla Peppe Barra in scena con “La Cantata dei Pastori”

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Giuseppe Giorgio
Giuseppe Giorgio
Caporedattore, giornalista professionista, cura la pagina degli spettacoli e di enogastronomia

Intervista all’attore e cantante Peppe Barra, in scena in questi giorni a Napoli con “La Cantata dei Pastori, al Teatro Politeama.

Grazie alla tenacia di un paladino del genere come l’attore e cantante Peppe Barra, “La Cantata dei Pastori” è in scena in città, al Teatro Politeama. Ed anche se il momento storico è funestato da guerre, violenza e criminalità, ad esaltare la mistica messinscena, saranno ancora una volta le aspettative di chi non intende soccombere dinanzi alle brutture di una società alla deriva. Rifacendosi a quello stesso bisogno di un mondo migliore, il protagonista Barra, definendo lo spettacolo  “uno dei superstiti momenti di cultura della nostra terra”, lo indica come “un estremo rimedio contro la violenza e la criminalità”.  “Napoli – ha detto l’apprezzato artista – anche se ne esporta poco, abbonda di arte e cultura. Elementi fondamentali per sconfiggere le brutture di una civiltà violenta e malata”. In programma nel teatro di via Monte di Dio fino alla Befana, la versione proposta, partendo dall’opera teatrale sacra di Andrea Perrucci,  sarà quella riscritta e riadattata dallo stesso Barra con Paolo Memoli. Con il sottotitolo di “Due ladroni a Betlemme” in palcoscenico il beniamino del pubblico napoletano nei panni del mitico scrivano Razzullo stavolta sarà in coppia con l’attrice Rosalia Porcaro nel ruolo di Sarchiapone. A completare la compagnia: Patrizio Trampetti (Diavolo Oste/Cidonio), Maria Letizia Gorga (Zingara/Gabriello), Marco Bonadei  (Demonio), Enrico Vicinanza (Ruscellio), Francesco Viglietti (Armenzio), Andrea Carotenuto (Giuseppe), Chiara Di Girolamo (Maria Vergine) e il piccolo Giuseppe De Rosa (Benino).  Le musiche sono di Lino Cannavacciuolo e Roberto De Simone. Le scene  di Tonino Di Ronza, i costumi di Annalisa Giacci e le coreografie di Erminia Sticchi.

Per sconfessare quanto affermato da Benedetto Croce, che già ai suoi tempi considerava superata la Cantata dei Pastori, la stessa, dopo oltre tre secoli,  resiste nei teatri. Come spiega questo fenomeno? 

“La Cantata- risponde Peppe Barra- resiste nel tempo perché, in quanto rappresentazione sacra, racchiude qualcosa di magico capace di produrre una naturale evoluzione. Anno dopo anno, preservando il suo fascino ed il suo modo di fare cultura, sembra rappresentare un nuovo momento di speranza”.

 Qual è l’importanza della Cantata dei Pastori oggi?

“Anno dopo anno combatto affinchè la Cantata diventi sempre più importante. Si tratta di uno spettacolo poetico che sarà sempre attuale anche tra mille anni. Ritengo sia la favola più bella del mondo portatrice di gioia, amore e luce. Al di là dell’essere cristiano, occorre credere nella tradizione del Natale così come nella  Cantata  che rappresenta un sorta di presepe in movimento da rispettare ed amare”.

Rispetto agli altri personaggi che ha interpretato nel tempo, cosa prova nei panni di Razzullo?

“Razzullo lo interpreto da 40 anni e probabilmente, provo le stesse emozioni di   Ferruccio Soleri, che alla mia pari, porta in scena Arlecchino da una vita. E’ un personaggio diventato mio da così tanto tempo che nell’ interpretarlo, a parte il ricordo di quando lo portavo in scena in compagnia di mia mamma, avverto  la stessa   semplicità di una passeggiata nei vicoli di Napoli”.

Con la sua “Cantata”, partendo dai ricordi animati da una mamma come Concetta Barra, cosa giunge al pubblico di oggi?

Il messaggio di un mondo sereno e di pace, così come da sempre espresso dalla rappresentazione ed il monito per una società capace di aiutare la gioventù di oggi,  impaurita e abbandonata. La Cantata occorre  vederla per capirla e amarla. Dalla sua messinscena a scaturire sono tutte le emozioni delle grandi opere”.

Cosa riserva il finale della sacra commedia quando dal palcoscenico si levano le note e le parole della leggendaria “Quanno nascette Ninno”? 

“La stessa emozione di tre secoli fa. Si tratta di una canzone non a caso scritta da un Santo come Alfonso Maria de’ Liguori, in grado di parlare anche alle bestie e di infondere qualcosa di buono persino nel profondo del cuore della gente cattiva”.

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