venerdì, Aprile 26, 2024

Le prodezze di un virtuoso del violino: Giuseppe Gibboni

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Carlo Farina
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Carlo Farina - cura la pagina della cultura, arte con particolare attenzione agli eventi del Teatro San Carlo, laureato in Beni culturali, giornalista.

Ancora un grande successo per il secondo concerto della Stagione Concertistica 2022/2023 dell’Associazione Alessandro Scarlatti che ha ospitato il violinista Giuseppe Gibboni e la Nuova Orchestra da Camera “Ferruccio Busoni” diretta da Massimo Belli.

É la seconda volta che ho la fortuna di ascoltare dal vivo Giuseppe Gibboni, la prima a Ravello e adesso grazie all’Associazione Alessandro Scarlatti che, al suo secondo concerto della nuova Stagione Concertistica 2022/2023, ha ospitato questo giovane e già affermato violinista.

La prima cosa che colpisce nel vedere all’opera un tale prodigio del violino, è la naturalezza con la quale affronta impervi e “paurosi” capolavori musicali che, nelle sue mani, si trasformano in delicate ed emozionanti  interpretazioni, sia a livello interpretativo che in quello strettamente tecnico/virtuosistico, raggiungendo vertici di incredibile destrezza esecutiva.

E lo ha dimostrato ampiamente, con le difficili e affascinanti Variazioni su un Tema originale per violino e archi, op. 15 di Henryk Wieniawski, un brano ricco di passaggi tecnici di estrema difficoltà, e di numerose scale ascendenti e discendenti, di vari cambi di tonalità e di eccezionali salti melodici e armonici, che nelle sue mani, apparentemente, ci risultano come un semplice esercizio mnemonico e tecnico.

Ha poi affrontato con la stessa disinvoltura il terzo movimento di uno dei concerti per violino e orchestra più famosi di Paganini, il n. 2 in si minore del 1826, detto “la campanella” poiché nel terzo movimento è presente proprio tale oggetto, da cui Listz ne ha tratto un famosissimo e difficile pezzo per pianoforte. Le prodezze di un virtuoso del violino: Giuseppe Gibboni

Non a caso Giuseppe Gibboni ha riportato dopo ben 24 anni il Premio Paganini non solo in Italia, ma in Campania, poiché è originario di Salerno, un premio così prestigioso che risulta essere appena il quarto italiano nella storia di questo concorso, dopo i trionfi di Accardo, Quarta e Angeleri, tre leggendari violinisti.

Classe 2001, Gibboni inizia lo studio del violino all’età di 3 anni con il papà Daniele. Dopo il diploma al Conservatorio di Salerno a soli 14 anni, viene ammesso all’Accademia Stauffer di Cremona nella classe di Salvatore Accardo, e basterebbe solo questo per delinearne l’inizio di una così brillante e promettente carriera.

Nel 2016 riceve il Diploma d’Onore ai corsi di Alto Perfezionamento all’Accademia Chigiana di Siena e quindi si perfeziona con il massimo dei voti e menzione della giuria all’Accademia Perosi nella classe di Pavel Berman.

Il successo e l’entusiasmo che ha scatenato nel pubblico della “Scarlatti” hanno preteso almeno un bis, che lui ha invece trasformato generosamente in tre nuove performance, eseguendo alcuni difficili Capricci di Paganini, dei quali ha eseguito anche il più bello e famoso degli stessi: l’ultimo, il n. 24 in la minore.

Accompagnato dalla Nuova Orchestra da Camera “Ferruccio Busoni”, un prestigioso complesso storico fondato nel 1965 da Massimo Belli, diplomato a pieni voti e lode sotto la guida di Renato Zanettovich al Conservatorio “Benedetto Marcello” di Venezia; una delle prime orchestre da camera sorte in Italia nel dopoguerra e inoltre la più antica della regione Friuli Venezia Giulia, ha aperto la serata con la Serenade per archi di Vassily Kalinnikov, compositore e fagottista russo, la cui intensità delle sue meravigliose composizioni è stata eseguita perfettamente e riprodotta abilmente da questa elegante e straordinaria orchestra da camera, composta di 13 eccellenti musicisti perfettamente affiatati tra loro, grazie al loro direttore Massimo Belli, dotato di un gesto raffinato, espresso con maestria e grande carattere interpretativo.

Tutte qualità eccellenti che abbiamo ritrovato anche nella seconda parte del concerto, interamente dedicato ad uno dei massimi musicisti norvegesi, Edvard Grieg, da tutti riconosciuto e ricordato per le sue magiche musiche dotate di un lirismo e di un’intensità, uniche nel loro genere.

Infatti sono stati proposte alcune pagine tra le più belle del compositore citato: le due melodie elegiache per archi, Cuore infranto e Primavera, e la famosissima suite in stile antico “Dai tempi di Holberg; impeccabile e intensa esecuzione, mentre il teatro restava in religioso silenzio, con un pubblico attento e concentratissimo. E il merito va riconosciuto senza dubbio a questa delicata e preziosa piccola (ma solo per l’organico strumentale) orchestra d’archi, dotata di un suono limpido, preciso, soave e delicato, che ha saputo trasmettere perfettamente quelle emozioni che la musica di Grieg esige.

Anche in questo caso la richiesta del bis, come per Gibboni, non poteva assolutamente tardare ad arrivare, continuando a regalare forti e intense emozioni, ancora con Grieg: Primo incontro il breve omaggio concesso al fortunato pubblico che è stato premiato e congedato con la bellissima e struggente La Morte di Aase, dalla Suite Peer Gynt.  

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