mercoledì, Maggio 8, 2024

Il “carro della Memoria” è arrivato al Parco Borbonico del Fusaro

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Il “carro della Memoria” è il primo monumento posto all’ingresso del futuro “Centro di documentazione della Shoah e dell’ebraismo del Meridione d’Italia”.

Oggi è arrivato il “carro della Memoria” al Parco Borbonico del Fusaro proveniente dal Museo dello Sbarco di Salerno. E’ stato accolto con grande emozione dai presenti, tra cui Nico Pirozzi, giornalista e storico della Shoah, ideatore del progetto.
L’evento di oggi è un primo passo, in vista di quello che dovrebbe essere un più complesso progetto finalizzato alla nascita di un vero e proprio “Centro di documentazione della Shoah e dell’ebraismo del Meridione d’Italia” con annesso museo virtuale.

Un monumento all’orrore e alla mancanza di memoria che è stato esposto un mese in piazza del Plebiscito a Napoli (gennaio 2012) e nello spiazzo antistante il museo dello Sbarco di Salerno per più di sette anni.

Quello stesso oggetto all’interno del quale è stato simbolicamente riposto la memoria di sei milioni di ebrei mandati a morire nei campi di sterminio o di concentramento dell’Europa occupata dai nazisti, ma anche le centinaia di migliaia di militari italiani che, dopo l’8 settembre 1943, furono abbandonati al loro destino dai Savoia e dal capo del Governo post fascista, Pietro Badoglio.
Un vero e proprio archivio della memoria che avrà il suo quartier generale a Bacoli, la più ebraica tra le località della Campania. Non solo per la presenza dei tanti nomi dall’inequivocabile radice giudaica (Samuele, Giacobbe, Ezechiele, Mosè, Isaia, Rachele, Giuditta, Sara, Ester) che tenderebbero a dar ragione a quanti sostengono che fu proprio Bacoli ad accogliere gli ebrei che nella prima metà del 1500 gli Spagnoli avevano cacciato dalla capitale del Regno.
Ma anche e soprattutto perché fu proprio Bacoli, e precisamente Villa Scalera che gli Alleati avevano confiscato a un produttore cinematografico colluso col fascismo, la sede del kibbutz “MechorBaruch”.
Con questo nome, infatti, nella primavera del 1946 alcune centinaia di sopravvissuti alla Shoah identificarono il luogo in cui per mesi attesero il veliero (l’Ideros-AmiramShochat) che avrebbe permesso loro di giungere clandestinamente in Palestina, all’epoca protettorato britannico.

Un progetto ambizioso ma anche costoso per il quale si ringrazia in primis, la Comunità ebraica di Napoli e la sua presidente Lydia Schapirer, che non hanno mai fatto mancare il loro sostegno; il sindaco e l’assessore alla Cultura del Comune di Bacoli, Josi Della Ragione e Mariano Scotto di Vetta, che hanno messo a disposizione gli spazi per realizzare il progetto; il presidente dell’Ente Autonomo Volturno (Eav), Umberto De Gregorio, che ha fornito uomini, mezzi e materiali (binari e traversine) per realizzare la piattaforma su cui è stato poggiato oggi il carro ferroviario; il Sindacato dei giornalisti della Campania (Sugc), che con il segretario Claudio Silvestri, il consigliere Fnsi Gerardo Ausiello e l’intero consiglio direttivo ha deciso di contribuire alle spese di trasporto del vagone da Salerno a Bacoli; la Federazione delle associazioni Italia-Israele, che non ha fatto mancare il suo sostegno anche economico all’iniziativa; ai Vigili del Fuoco di Salerno, grazie ai quali il carro è stato messo in condizione di essere caricato sull’automezzo e trasportato fino a Bacoli.

L’operazione è stata possibile anche grazie la fattiva collaborazione di Claudia Tanningher dell’impresa Tanningher; del presidente della associazione ‘Bacoli-Kymh (la città dei fondatori di Cuma)’, Samuele Guardascione, che con le sue ricerche ha rinsaldato il legame d’amicizia tra la cittadina flegrea e Israele.

Oggi è stato fatto in piccolo passo per un grande progetto nato da un’idea accolta con entusiasmo e grande partecipazione. Sorgerà un museo particolare, che più che con degli oggetti permetterà al visitatore di percepire ‘sensorialmente’ alcuni degli elementi che caratterizzarono quella tragedia”. – dichiara con emozione Nico PirozziIl mio sentito grazie va anche ai tanti che, come me, credono che la memoria non sia solo una parola priva di significati pratici ma un progetto intorno a cui costruire il futuro”. 

Foto e video di Serena Squitieri

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