sabato, Aprile 27, 2024

Coronavirus, ricerca Napoli-Perugia: scoperta una sostanza naturale che lo blocca

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Francesco Monaco
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Francesco Monaco, giornalista. Esperienza dalla carta stampata a internet, radio e tv. Scrittore, il suo primo romanzo: 'Baciami prima di andare'.

I ricercatori dell’Università Federico II di Napoli e dell’Università di Perugia hanno identificato molecole endogene in grado di impedire l’ingresso del virus nelle cellule umane.

Individuata una sostanza naturale, già presente nel corpo, che può bloccare “l’attacco” del Coronavirus. È a questo risultato che sono giunti i ricercatori dell’Università Federico II di Napoli e dell’Università di Perugia che hanno identificato molecole endogene in grado di impedire l’ingresso del virus nelle cellule umane. Le molecole sono di natura steroidea e alcune di esse sono degli acidi biliari, ovvero sostanze prodotte nel fegato e nell’intestino dal metabolismo del colesterolo ed e in grado di fermare l’infezione quando la carica virale non è elevatissima.

“È una sostanza già presente nell’organismo – spiega Angela Zampella, direttore del Dipartimento di Farmacia dell’ Università di Napoli Federico II – che blocca l’entrata del virus nella cellule”. È una sostanza del tutto naturale presente anche in alimenti come la liquirizia e l’olio d’oliva e “agiscono con lo stesso meccanismo”.

Una scoperta che spiana la strada a una diversa prevenzione anche perché, come fa sapere Zampella, “funziona quando la carica del virus non è elevatissima”. Lo studio, fa sapere Zampella, è il primo passo per la stesura di un protocollo terapeutico che verrà proposto all’attenzione di Aifa.

Lo studio, in fase di pre-print sul sito BioRxiv che riporta l’identificazione di nuovi target molecolari in grado di interferire con il meccanismo d’ingresso del Sars-Cov2 nelle cellule bersaglio, ha combinato approcci computazionali del gruppo del dottor Bruno Catalanotti, di chimica sintetica, professoressa Angela Zampella, e di biologia molecolare della dottoressa Adriana Carino del gruppo guidato dal professore Stefano Fiorucci, e ha coinvolto anche i gruppi della microbiologia e delle malattie infettive dell’Università di Perugia.

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