sabato, Aprile 27, 2024

Orlando Cinque rilegge Santanelli

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“Calcedonio”, il drammaturgo Manlio Santanelli offre al regista Orlando Cinque la possibilità di portare al Ridotto del Mercadante una storia davvero spericolata. Una storia capace di nascondere dietro un apparente momento di convivialità come una cena tra amici, il dramma esistenziale di tre esseri alla deriva.

di Giuseppe Giorgio – E’ con un suo testo del 1989 che prende il titolo da un personaggio di nome “Calcedonio”, proprio come il minerale dalla struttura cristallina, meglio conosciuto come quarzo, che il drammaturgo Manlio Santanelli offre al regista Orlando Cinque la possibilità di portare al Ridotto del Mercadante una storia davvero spericolata. Una storia capace di nascondere dietro un apparente momento di convivialità come una cena tra amici, il dramma esistenziale di tre esseri alla deriva. Una cena senza esclusione di colpi, che nell’osservare i protagonisti in precario equlibrio tra il passato e presente nel mentre cercano di esorcizzare la solitudine, il tradimento ed il tempo che passa, porta alla ribalta la tragedia quotidiana di vite  inconsalabili, vittime di un irreversibile mutismo dell’anima. Gettando un fascio di luce  sui meandri più nascosti dell’esistenza umana e scandagliando la psiche di soggetti votati ad una sopravvivenza fatta di infelicità, il testo Santanelli regala al regista Cinque, lo stesso che lo interpreta insieme con Federica Aiello e Angelo Laurino, la possibilità di dare vita ad una sorta di thriller esistenziale. O meglio, un atto unico dove la carica emotiva creata dai protagonisti intenti ad attaccare l’uno la mente dell’altro, si trasforma nell’elemento cardine di un gioco ingannevole teso a rendere ancora più insostenibili i conflitti interni alla mente. Basata sulla vicenda di una non più giovane coppia di coniugi che invita a cena un vecchio amico e che sul finale di serata tira in ballo il ricordo di un misterioso compagno chiamato Calcedonio, la messinscena, fotografa il desiderio di recuperare un passato smarrito e di dare una ragione di essere al presente. Ed è appunto per questo che, durante l’incontro tra i tre amici, quando gli argomenti su cui discutere si esauriscono, è proprio l’enigmatico vecchio compagno di liceo, a diventare il pretesto di un pericoloso gioco. Un gioco fatto di calcoli ed ipotesi che, prendendo come punto di riferimento i grandi  avvenimenti della storia per risalire alla presunta età di Calcedonio, si trasforma in una specie di massacro dell’anima di fronte all’incapacità di ritrovare un benchè minimo sentimento per una vita insalvabile. Diretto da Orlando Cinque, allo stesso tempo affabulante interprete accanto ad una possente ed appassionatamente versatile, Federica Aiello e ad un riflessivo Angelo Laurino, il lavoro che beneficia pure delle luci di Cesare Accetta, delle musiche originali di Luisa Boffa e del simbolismo espresso dalla scena curata dalla Cattedra di Scenografia di Luigi Ferrigno, dell’Accademia di Belle Arti Napoli, intriga soprattutto per il suo alto contenuto di suggestioni e per il suo essere animato da una sottile ed amara ironia. Nel ripercorrere ideologicamente i passi di personaggi dai vaghi tratti beckettiani, con un protagonista “assente” che si chiama Calcedonio  ma che potrebbe pure rappresentare un sorta di “Godot” di pietra, i tipi del testo di Santanelli  cercano di esorcizzare la perenne incombenza del male e della morte, vivendo in maniera grottesca e drammatica l’attesa di qualcosa che intervenga a dare un senso le loro esistenze. Carico di compassione, l’atto unico, riesce ad infondere nello spettatore, una lunga serie di emozioni psicologiche. Perfetto quadro di un dramma diviso tra l’ umanità e l’egoismo, la vita e la morte interiore, “Calcedonio”, per effetto di un singolare andamento drammaturgico, grazie al quale fin dall’inizio si avverte l’esistenza di un non indentificabile elemento, illuminando le oscurità di esistenze dalle inconfessabili verità, evidenzia le desolazioni dei poveri Cesarina, Vitaliano ed Egisto, incapaci di liberarsi da quella terribile trappola della loro vita. Come in un martirio, i tre personaggi,  partendo dal loro bisogno d’amore e da un emblematico passato, danno forma ad una vicenda satirica e surreale, struggente e delirante che travolge la mente di chi, osserva il calvario di esseri spaccati a metà tra corpo e anima. In un clima ora violento ed evocativo, ora angosciante e grondante di  flash back, ora colorito da lampi di sfuggevole ironia, ora funestato da fallimenti interiori, i tre artefici di  “Calcedonio” sembrano riflettersi nelle schegge di uno specchio rotto dando nel contempo vita al conflitto di esistenze emarginate. Proiettate in un quadro di vita, ambiguo e beffardo, le creature santanelliane, tra l’enigma di occulte personalità e sfuggevoli atti d’amore, cercano di raggiungere una redenzione interiore rimanendo, al tempo stesso, esseri fragili dinanzi ad un passato che vieta inesorabilmente l’inizio di una nuova vita sinonimo di rinascita e di presente.

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