venerdì, Aprile 26, 2024

Al Bellini in scena il capolavoro di De Filippo ‘Il Sindaco del Rione Sanità’

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Giuseppe Giorgio
Giuseppe Giorgio
Caporedattore, giornalista professionista, cura la pagina degli spettacoli e di enogastronomia

Al teatro Bellini è andata in scena “Il Sindaco del Rione Sanità” di Eduardo De Filippo con la regia di Mario Martone.

di Giuseppe Giorgio “‘E ttre famiglie tornano vucanno, nu poco fatte a vino tutt’e tre…’A varchetta ’e ccunnuléa, na maesta scapuzzéa…’O cumpare parla ’e quanno…quanno ’o guappo era nu rre…” Potrebbero essere anche le parole della famosa canzone “Napule ca se ne va” scritta da Murolo e Tagliaferri nel 1920, al posto del pezzo rap utilizzato per  “Il Sindaco del Rione Sanità” firmato Mario Martone, a racchiudere ancora oggi, al di là del tempo, l’essenza di una messinscena capace con la sua scottante tematica di dividere la gente per ideologia e modo di vedere la legalità.

Al Bellini in scena il capolavoro di De Filippo 'Il Sindaco del Rione Sanità'Anche nello storico teatro Bellini di via Conte di Ruvo, infatti, giunta dopo un’esaltante tournèe, l’opera eduardiana rivista dal regista Martone si mostra estremamente attuale, ribadendo, e questa è l’unica e indiscutibile chiave di lettura di tutta l’operazione, come i fantasmi di oggi, anche se con abiti diversi, possano essere identici a quelli di ieri. Il teatro di Eduardo, scomparso l’autore ed attore, può provocare un effetto paralizzante per l’aspetto monumentale dei testi e per la grandiosità delle interpretazioni che lo stesso artista con Titina, Peppino e gli altri attori compagni di scena, hanno offerto nel tempo.

Tuttavia, manifestando l’indispensabile bisogno di ribellarsi al timore reverenziale che possono incutere le opere di Eduardo, Martone, con il suo gruppo di giovani attori, sia pure con manipolazioni personali per un congegno già originariamente perfetto e completo nella struttura drammaturgica, nell’ umorismo e nel ritmo narrativo, al Bellini, riporta in scena quel capolavoro dell’Eduardo dei “giorni dispari”, invocando, sia pure tirando in ballo quella Napoli portata alla ribalta da Roberto Saviano, la voglia di legalità da parte di un popolo eternamente sofferente. Una voglia di giustizia, insomma, che a tratti si scontra con quello stesso dilemma che fu del grande De Filippo circa la possibilità di omologare, o meno, la figura di un guappo che comunque, al di là della presunta equità, impone le sue regole e le sue leggi violenti al posto di quelle dello Stato.

Francesco Di Leva 'Il Sindaco del Rione Sanità' al Bellini. IntervistaEd è con queste premesse che  nella visione di Martone, il temibile Sindaco Antonio Barracano, descritto dal genio  Eduardo  come un elegante “uomo d’onore” ultrasettantenne, con il bravo e incisivo interprete Francesco Di Leva si trasforma in un quarantenne con tuta nera in grado di riportare subito alla mente, per azioni, movenze ed espressioni verbali,  i giovani boss di oggi della periferia di Napoli.

Spalleggiato da Massimiliano Gallo, cui va il difficile compito del personaggio di Arturo Santaniello, da Giovanni Ludeno nei panni del medico  di “famiglia” Fabio Della Ragione, da Daniela Ioia nelle vesti di Armida, la moglie del Sindaco e da una rappresentanza attoriale del teatro Nest di San Giovanni, tra cui Adriano Pantaleo nel ruolo di Catiello, tutto il lavoro, ringiovanendo e riportando i personaggi eduardiani, per certi versi volutamente ai limiti dell’età pensionabile, nel vortice di un sistema criminale più che mai vivo, giunge, sia pure in tempi più moderni a quella ribellione simbolo del medico Della Ragione.

Così, al centro di un sistema immutabile negli anni, dove i boss sono sempre gli stessi a prescindere dalla loro età, la scelta del medico di fiducia di Barracano di svelare la vera causa della morte del Sindaco avvenuta per accoltellamento, simboleggia ancora una volta il naufragio di quel desiderio teso a nascondere la verità per evitare un’ennesima escalation di violenza.

Vanificata dunque, anche nella lettura di Martone,  quella stessa mistica espiazione del camorrista votata alla fine dei conflitti tra i clan, il lavoro sembra proiettarsi verso una beatificazione degli uomini di “potere” modello Barracano e verso il baratro di un sistema ancora una volta portatore di morte. Affrontando, così, il vero tema della commedia che rimane essenzialmente quello della giustizia e della sua debolezza, Martone con i suoi attori,  riporta sulle scene, sia pure con qualche personale variazione sul tema, l’essenza di un impareggiabile e sempre moderno drammaturgo.

Per tutti, una commedia rivoluzionaria  e profonda, capace a tratti di sganciarsi dalla realtà e di suscitare  un pensiero finale per una generazione disperata. La stessa che, impietosamente, sia pure distante da quella eduardiana rimane sospesa nel tempo con quell’unico spiraglio messo a diposizione dal destino e rappresentato dalla morte.

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