venerdì, Giugno 13, 2025

Masaniello a Palazzo Reale, tra storia, emozioni e voglia di rivoluzione

Cinquant’anni dopo, “Masaniello” è tornato a casa. È tornato là dove la storia accadde davvero, nel cuore di Napoli, al Cortile d’Onore di Palazzo Reale, per dare nuova voce a una rivolta mai del tutto sedata.

Era l’agosto del 1974 quando Elvio Porta e Armando Pugliese con le musiche di Roberto De Simone sconvolsero la scena teatrale napoletana con un’opera che abbatté ogni barriera tra pubblico e palcoscenico, coinvolgendo lo spettatore come fosse parte della massa in fermento. Oggi, grazie a “Immaginando Produzioni” di Rosario Imparato, quello spirito ritorna, intatto, forte, e ancor più urgente. Ma “Masaniello” 2025, non è solo la celebrazione di una memorabile intuizione teatrale.

È un atto di resistenza culturale, un tributo alla memoria e insieme una sfida lanciata al presente. Come allora, la messa in scena è fluida, mobile, viva: gli attori montano e spostano le scene tra il pubblico, che cammina, assiste, partecipa, in un’esperienza immersiva che richiama le antiche carrette dei comici. Al centro di tutto, un volto dal sangue antico: Ruben Rigillo, figlio del primo Masaniello, Mariano Rigillo (pronto alla fine del lavoro a salire sul palco) che eredita il ruolo con rigore e passione.

Masaniello a Palazzo Reale, tra storia, emozioni e voglia di rivoluzione
MASANIELLO_Ruben Rigillo_LelloGiulivo_MassimoMasiello_LelloSerao_(ph_ClaudioGarofalo)

E al suo fianco, un cast corale e straordinario: Massimo Masiello (Vitale), Pina Giarmanà (comare e friggitrice), Franco Castiglia, Lello Giulivo, Serena Pisa (commovente e trascinante Bernardina) che aggiungono alla recitazione il canto, e poi, Vincenzo Astarita, Carmine Benitozzi, Marcello Borsa, Alessia Cacace, Sergio Celoro, Nicola Conforto, Luigi Credendino, Vincenzo D’Ambrosio, Adriano Di Domenico (figlio del cantautore Enzo), Salvatore Esposito, Antonio Ferraro, Mattia Ferraro, Peppe Mastrocinque, Gennaro Monti, Alfredo Mundo, Danilo Rovani, Luca Saccoia (convincente Vicerè), Ciro Scherma, Lello Serao (Genoino), Silvia Siravo (viceregina) anch’ella figlia d’arte, nata dall’unione tra Edoardo Siravo e Anna Teresa Rossini, Enzo Tammurriello e Mario Zinno.

L’opera, anticipata per evitare la sovrapposizione con un’altra “religione napoletana”, quella calcistica, si presenta come un ponte tra le generazioni. Le musiche evocative di Antonio Sinagra dirette da Ciro Cascino, i costumi storici firmati da Silvia Polidori per la cura di Francesca Garofalo e Camilla Grappelli, le scene di Bruno Garofalo – anche supervisore alla regia storica di Pugliese – e le luci disegnate da Francesco Adinolfi, compongono un impianto scenico che restituisce la drammaticità dei giorni infuocati del luglio 1647.

In quella Napoli del Vicereame, tra sussulti popolari, tradimenti e illusioni, la figura di Tommaso Aniello, il pescivendolo di Piazza Mercato divenuto simbolo di giustizia e rivolta, torna a scuotere le coscienze. “Masaniello” non è mai stato un semplice spettacolo storico. È un rito civile, un’opera politica nel senso più nobile, che affonda le radici nella realtà per parlare a chi oggi vive le stesse tensioni: disuguaglianze sociali, tradimenti istituzionali, aneliti di libertà.

Con questa edizione, Garofalo, erede di quella stagione irripetibile, ridà vita alle intenzioni originarie di Porta e Pugliese, non per nostalgia ma per necessità. Il pubblico, tra cui molti artisti, fuso con la scena, è chiamato a vivere, più che a osservare. È teatro che non racconta la storia, ma la fa. Questa riedizione è dunque molto più di un revival. È un tributo a chi ha saputo, ieri come oggi, fare del teatro una forma di rivoluzione.

È un atto d’amore verso Napoli e la sua memoria viva, quella che ancora vibra nelle pietre di Piazza Mercato, dove Masaniello fu assassinato a colpi di archibugio il 16 luglio del 1647 dai suoi stessi compagni, durante la festa della Madonna del Carmine, di cui era devoto. Il cinquantesimo anniversario non è stato solo una ricorrenza. È stato un monito, un grido, una festa della coscienza collettiva. Un’esperienza destinata a lasciare il segno, e che, come tutti sperano, potrebbe presto replicare proprio là, in quello che fu il Campo del Moricino e dove tutto ebbe inizio.

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