Coronavirus, scoperti i geni che aumentano il rischio di contrarre la malattia, grazie a uno studio italiano, che ha indagato sulla diversa suscettibilità delle persone al Covid.
L’estrema variabilità della malattia Covid-19 è uno degli aspetti della pandemia che maggiormente incuriosisce i ricercatori. Alcune persone infettate dal nuovo coronavirus sono del tutto asintomatiche, altre hanno una sindrome influenzale, altre ancora sviluppano conseguenze gravissime che portano alla morte.
«Abbiamo pensato fin dall’inizio che fosse la genetica dell’ospite a fare la differenza – spiega Alessandra Renieri, professore all’Università di Siena e direttore dell’Unità di genetica medica all’Azienda ospedaliero-universitaria Senese- e diversi studi hanno poi dimostrato che la gravità della malattia dipende al 50% da fattori ereditari».
Per scoprire quali fossero, sono stati condotti diversi studi genetici mettendo a confronto il Dna di persone malate di Covid e persone sane, ma i risultati sono stati deludenti. «Abbiamo quindi deciso di cambiare metodo, provando a valutare ogni paziente come un caso a sé, proprio come facciamo da anni nello studio delle malattie genetiche rare», precisa la genetista.
«Abbiamo scomposto la Covid nei vari organi che colpisce, valutando se nel singolo paziente fosse grave o lieve dal punto di vista polmonare, epatico, cardiovascolare e così via. Poi abbiamo esaminato il Dna: ogni individuo presenta oltre 50.000 varianti genetiche, e per semplificarne lo studio abbiamo deciso di valutare le varianti più significative analizzandole secondo un sistema binario, proprio come fanno i computer: il gene vale 0 se è intatto, vale 1 se è alterato».
Questa mole di dati, rielaborata grazie ad algoritmi di intelligenza artificiale, ha permesso di trovare in ogni malato una media di tre geni mutati che sembrano influire sulla suscettibilità al coronavirus dei singoli organi o apparati. «Di questi geni – conclude Renieri – alcuni sono già bersaglio di farmaci attualmente disponibili sul mercato che potrebbero avere una nuova indicazione contro Covid».
Il progetto di ricerca, partito dall’Università di Siena, prevede la collaborazione di 35 ospedali di tutta Italia e analizzerà il Dna di 2.000 persone entro l’estate.