La Pizza e l’arte del pizzaiuolo sono state finalmente riconosciute patrimonio dell’Unesco (“un’arte che appartiene all’umanità”).
di Luigi Maria Mormone – La Pizza Napoletana ha finalmente ottenuto dall’Unesco un riconoscimento atteso da anni. “L’arte del pizzaiuolo napoletano patrimonio culturale dell’Umanità Unesco”, questo l’annuncio del Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina su Twitter. L’Organizzazione delle Nazioni Unite ha premiato il lungo lavoro del Ministero, che nel 2009 aveva iniziato a redigere il dossier di candidatura con il supporto delle Associazioni dei pizzaiuoli e della Regione Campania (con il coordinamento dal professor Pier Luigi Petrillo), puntando su quest’antica arte non tanto come fenomeno commerciale ma come vera e propria forma culturale (importante anche dal punto di vista sociale). La Pizza è il settimo tesoro italiano ad essere iscritto nella Lista del patrimonio immateriale dell’Unesco. L’elenco tricolore comprende anche l’Opera dei pupi (iscritta nel 2008), il Canto a tenore (2008), la Dieta mediterranea (2010), l’Arte del violino a Cremona (2012), le macchine a spalla per la processione (2013) e la vite ad alberello di Pantelleria (2014). Una grandissima soddisfazione per Gino Sorbillo, Antonio Starita e tutti gli altri pizzaioli che da più di 300 anni hanno fatto conoscere in tutto il mondo uno dei simboli della città partenopea, il quale da oggi è se possibile ancora più famoso di quanto non lo sia già. Questa la motivazione ufficiale dell’Unesco: “Il know-how culinario legato alla produzione della pizza, che comprende gesti, canzoni, espressioni visuali, gergo locale, capacità di maneggiare l’impasto della pizza, esibirsi e condividere è un indiscutibile patrimonio culturale. I pizzaiuoli e i loro ospiti si impegnano in un rito sociale, il cui bancone e il forno fungono da palcoscenico durante il processo di produzione della pizza. Ciò si verifica in un’atmosfera conviviale che comporta scambi costanti con gli ospiti. Partendo dai quartieri poveri di Napoli, la tradizione culinaria si è profondamente radicata nella vita quotidiana della comunità. Per molti giovani praticanti, diventare Pizzaiuolo rappresenta anche un modo per evitare la marginalità sociale”.