Paolo Borsellino: la Commissione Antimafia toglie il segreto sulle audizioni del magistrato fra il 1984 e il 1991.
Sono passati 27 anni da quel maledetto pomeriggio del 19 luglio 1992, quando un attentato dinamitardo della Mafia in via D’Amelio (Palermo) uccise il giudice Paolo Borsellino e i 5 agenti della sua scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
Un attentato nei confronti di uno dei più fedeli servitori dello Stato del ‘900, ucciso solo 57 giorni dopo il suo collega e amico Giovanni Falcone, che perse la vita nella strage di Capaci insieme alla moglie Francesca Morvillo e 3 agenti della scorta (Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo). Oggi la commissione parlamentare Antimafia ha recuperato tutte le parole di Borsellino a Palazzo San Macuto, pronunciate in varie audizioni, fra il 1984 e il 1991. Alcune audizioni erano ancora segrete e sono state declassificate. Un archivio che è stato digitalizzato ed è confluito su una pagina web all’interno del portale del Parlamento.
Tra le sue parole, tristemente profetiche sono quelle di un’audizione del 1984 (quando il pool stava preparando il primo maxi processo alla Mafia): “Che senso ha essere accompagnato la mattina per poi essere libero di essere ucciso la sera?”. Il magistrato lamentava infatti che “di pomeriggio c’è una sola macchina per 4 magistrati, così vado in ufficio con la mia ed esco alle 21 o alle 22”.
Salvatore Borsellino: “Tanti atti ancora segreti negli archivi dello Stato”
Se il presidente della Commissione, Nicola Morra, parla di tale provvedimento come di un “ulteriore segnale di democratizzazione del Paese”, è invece polemico il fratello del magistrato ucciso in via D’Amelio, Salvatore Borsellino: “In quella strage mio fratello è stato ridotto ad un tronco carbonizzato senza più le gambe e le braccia, i pezzi di quei ragazzi sono stati raccolti uno ad uno e messi in delle scatole per poi essere identificati, separati e racchiusi in delle bare troppo grandi per quello che restava di loro. Ora -ha scritto in una lettera al presidente Morra lo stesso Salvatore Borsellino, che non ha partecipato alla conferenza stampa di presentazione degli audio– a 27 anni di distanza, non posso accettare che i pezzi di mio fratello, le parole che ha lasciato, i segreti di Stato che ancora pesano su quella strage, vengano restituiti a me, ai suoi figli, all’Italia intera, ad uno ad uno.
E’ necessario che ci venga restituito tutto, che vengano tolti i sigilli a tutti i vergognosi segreti di Stato ancora esistenti e non solo sulla strage di Via D’Amelio ma su tutte le stragi di Stato che hanno marchiato a sangue il nostro Paese. Quella di oggi è stata una cosa importante ma un po’ diversa da quella desecretazione che aspettiamo da anni, che anche il ministro Bonafede aveva promesso proprio in via d’Amelio e che ancora non è arrivata.
Assurdo – ha concluso – che in un Paese come il nostro, che si è macchiato di tante stragi di Stato, ancora oggi ci siano questi segreti. Vuol dire che non si vuole arrivare alla verità, non ho altra risposta“.