venerdì, Aprile 19, 2024

“Nemo propheta in patria”: la dura verità che accompagna Insigne

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Gianmarco Giugliano
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Gianmarco Giugliano, cura la pagina dello sport calcio di 2ANews, laureato in Giurisprudenza, scrittore e giornalista.

Mancini lo ritiene indispensabile, Gattuso lo schiera sempre; ha realizzato quest’anno a metà campionato 9 reti, eppure lui, Lorenzo Insigne, per i napoletani, non può sbagliare, non deve sbagliare.

Lorenzo sbaglia il rigore in Supercoppa e si lascia andare ad un lungo pianto per la delusione. Molti tifosi gli gettano la croce addosso come se il problema fosse sempre e solo lui.

Nemo profheta acceptus est in patria sua: queste la parole riferite ai Vangeli (Luca, Marco, Matteo e Giovanni) che pronunciò Gesù entrando a Nazareth per commentare la fredda accoglienza.

Parole famosissime e tristemente vere, parole che, oggi, sembrano appropriate per descrivere l’assurda querelle su Insigne, il capitano del Napoli, il ragazzo che è partito dalle giovanili azzurre e si è guadagnato una maglia da titolare, nel tempo, sia nella sua squadra del cuore e sia in nazionale.“Nemo propheta in patria”: la dura verità che accompagna Insigne

Mancini lo ritiene indispensabile, Gattuso lo schiera sempre; ha realizzato quest’anno a metà campionato 9 reti (con una media ponderata di 18 a fine torneo che sarebbe non solo il suo record personale ma anche un ottimo risultato per un’ala) eppure lui, Lorenzo, per i napoletani, non può sbagliare, non deve sbagliare.

Lorenzo non può sbagliare un rigore, Lorenzo non può sbagliare partita, Lorenzo non può fare sempre il “tiraggggiro”, Lorenzo non può fare il capitano: per molti napoletani, Lorenzo “non può” e basta…

Perché? Molto spesso è difficile capire l’animo napoletano che è talmente viscerale nel suo amore da diventare dannoso. Come una madre che convinta delle proprie idee e spinta dall’amore per il proprio figlio, gli dà consigli che non tengono conto della personalità del ragazzo e, alla fine, recano più un danno che non del bene.“Nemo propheta in patria”: la dura verità che accompagna Insigne

Così il tifoso, spinto dall’amore viscerale verso la propria squadra, non vede il “ragazzo” Insigne, non vede la sua sofferenza e la sua voglia di vincere ma vede solo ciò che vuole vedere, ciò che desidera per se stesso senza minimamente preoccuparsi che le critiche (seppur spinte dall’amore) sono spesso dannosissime.

Se si potesse tornare allo stadio, personalmente, griderei il suo nome e lo applaudirei, gli farei capire che ho compreso le sue lacrime; gli farei capire che in questi casi è meglio una carezza amorevole piuttosto che uno schiaffo ben assestato.

Perché Insigne va motivato, va incitato, va supportato. Insigne non è Maradona ma non è neppure un calciatore qualunque.

Vediamo di non farlo diventare un Masaniello… perché di applausi “post mortem” nessuno ne ha bisogno.

Volete gettargli la “croce” addosso? Fatelo pure, ma non crediate di fare il bene del vostro amato Napoli.

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