venerdì, Dicembre 6, 2024

Isa Danieli: ci hanno sacrificato, chiudere i teatri è una scelta inaccettabile

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Giuseppe Giorgio
Giuseppe Giorgio
Caporedattore, giornalista professionista, cura la pagina degli spettacoli e di enogastronomia

Isa Danieli, erede diretta di una grande dinastia di attori: “La gioia che può dare l’apertura di un palcoscenico e indicibile e per me vedere il sipario che si apre è un vero atto di amore. Così non sto bene!”.

Nata con l’arte del teatro nel sangue in quanto erede diretta di una grande dinastia di attori, Isa Danieli, sin dall’età di 14 anni abituata all’aria del palcoscenico, considera insopportabile la chiusura dei teatri per la pandemia. Ecco perchè, dopo una vita artistica iniziata con la Sceneggiata e l’Avanspettacolo e in Compagnia con mostri sacri del teatro come Eduardo De Filippo e Nino Taranto, più che passionali appaiono le sue considerazioni sullo stop ai teatri.

Dopo tante felici esperienze maturate negli anni con attori di grande calibro e registi divisi tra teatro e cinema come, De Simone, Fantoni, Strehler, Pugliese, Patroni Griffi, Moscato, Pezzoli, Wertmuller, Tornatore, Scola, Bertolucci, l’artista Danieli, ritiene davvero doloroso e ingiusto privare del lavoro un settore che poteva tranquillamente essere al sicuro dal Covid con l’applicazione delle note norme sanitarie.

Come sta vivendo questo momento che vede i teatri tristemente chiusi?

«Io, come tanti altri che fanno questo mio stesso mestiere, e dico mestiere perchè fare l’attore è un lavoro e non un divertimento come molti credono, sono molto avvilita. Ho iniziato la mia carriera da bambina e oggi che ho 83 anni mi sembra assurdo dover rinunciare al mio teatro.

Il prossimo 10 dicembre avrei dovuto debuttare al Bellini con “Giacomino e mammà” insieme a Enrico Ianniello e invece non si potrà fare nulla perchè inspiegabilmente hanno voluto fermare tutto. Forse il teatro più del cinema non doveva essere chiuso. Qualche settimana fa sembrava tutto tornato, più o meno, alla normalità. Tant’è che ero stata al Mercadante per la prima de “I manoscritti del diluvio” con la regia di Carlo Cerciello e un valido gruppo di attori, e sembrava così bello. In sala eravamo tranquilli.

C’era chi andava in coppia nei palchi come i mariti e mogli, chi da solo, chi si sedeva insieme come me e mio marito Gigi e chi, invece, se ne stava tranquillamente distanziato nel pieno rispetto delle norme sanitarie. Norme rispettate al punto che, alla fine dello spettacolo, non ci fu concesso neanche di salutare i colleghi in scena.

Ecco perchè mi chiedo, una volta osservate le regole a chi poteva nuocere il teatro? Soprattutto nei casi dei teatri enormi e nei casi dei teatri più piccoli dove si sarebbero accontentati di lavorare anche con 10 spettatori. Sempre in sicurezza, nonostante tutto, sarebbero potuti rimanere gli attori in scena, privilegiando per questo periodo, i monologhi e i testi con pochi personaggi, evitando con qualche aggiusto di regia, i contatti e gli abbracci tra gli interpreti».

Considera, dunque, un atto di crudeltà privare il pubblico e i lavoratori del settore, della cultura del teatro?

«Sicuramente sì. Dicono che bisogna restare a casa e io ci resto ma non è possibile che si possa togliere il teatro alle persone. Non riesco a immaginare, ad esempio, di non potere tornare in scena, per la terza stagione, con Giuliana De Sio con il lavoro diretto da Pierpaolo Sepe “Le Signorine”.

Provo a non lamentarmi ma ci hanno letteralmente sacrificato. Non si può fermare il teatro, neanche in tempo di guerra lo hanno fatto. Si tratta di una scelta inaccettabile. Il pensiero di non lavorare è insopportabile, io da quando avevo 14 anni mi sveglio sapendo di dovere andare alle prove.

Questo sarebbe stato il periodo di partire per le tournée e non riesco a pensare di doverci rinunciare quando in televisione si continua a fare ogni cosa. La gioia che può dare l’apertura di un palcoscenico e indicibile e per me vedere il sipario che si apre è un vero atto di amore. Così non sto bene!».

Lei pensa che quando tutto tornerà alla normalità sarà difficile portare la gente nuovamente in teatro?

«Non credo sarà difficile. C’è una grandissima fetta di persone che non riescono a stare senza teatro. Magari all’inizio ci sarà qualche difficoltà per la componente paura ma se gli spettacoli saranno belli, l’apporto del pubblico non tarderà ad arrivare».

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