venerdì, Aprile 19, 2024

Imprenditori e Partite Iva in piazza il 4 maggio per chiedere al Governo soluzioni concrete

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#IONONRIAPRO: Il 4 maggio nella capitale nessun imprenditore rialzerà la saracinesca, con evidenti e pericolose conseguenze sociali: milioni di disoccupati, economia ferma, tasse di ogni genere inevase.

Siamo all’alba della FASE 2, ossia l’ipotetico ritorno alla normalità e, di conseguenza, la riapertura progressiva di alcune attività commerciali per rimettere in moto un’economia ormai prossima al collasso. In un clima di incertezze e preoccupazione, in cui neanche quanto stabilito dai continui Decreti emanati dal Governo Conte diventa concreto (vedi la cassa integrazione garantita per il 15 aprile e l’indennità INPS ancora non percepiti dai lavoratori; bonus INPS non riconosciuto neanche alle Partita Iva), Insieme UNITI, movimento apolitico e apartitico, riunisce imprenditori della ristorazione, dell’eventistica, della balneazione, delle discoteche, dello spettacolo e lascia spazio, tra le sue fila, anche ai liberi professionisti con Partita Iva (la grande esclusa dal Decreto Cura Italia). Senza slogan, senza striscioni, senza inni e canzoni, Insieme UNITI invita il popolo delle micro e medie imprese a scendere in piazza a Roma, lunedì 4 maggio.

Non ci sono ancora disposizioni chiare su come avverranno le riaperture, una totale mancanza di comunicazione, da parte del Governo, indebolisce psicologicamente ogni imprenditore che non riesce a vedere la luce alla fine di un tunnel, che sta durando ormai da troppo tempo. E, nel clima attuale, nessun imprenditore della Capitale rialzerà la saracinesca, con evidenti e pericolose conseguenze sociali: milioni di disoccupati, economia ferma, tasse di ogni genere inevase.

È evidente che i settori della ristorazione, dell’eventistica, delle discoteche e dello spettacolo saranno in ogni caso i più penalizzati proprio per la loro specificità, che impedisce quel distanziamento sociale richiesto dal protocollo scientifico. A queste categorie si aggiunge quella della balneazione, che rischia concretamente di saltare questa stagione.

La riapertura di queste attività commerciali, con un numero di avventori di gran lunga ridotto rispetto all’indotto PRE-COVID 19, porterà al collasso e al fallimento le attività, che si troveranno a fare i conti con incassi risicatissimi, incapaci di coprire i costi relativi al personale, ai canoni di locazione dei mesi di lockdown, alle utenze, all’iva, all’inps, e a tutti quei nuovi costi di adeguamento delle attività per rispettare le disposizioni sanitarie.

Esiste solo una strada per uscire da questo massacro: se il Governo vuole aiutare questo tessuto economico costituito dalle piccole e micro imprese, deve adottare strumenti reali di sostegno, dai contributi a fondo perduto ai prestiti a interessi zero della durata di almeno 15/20 anni, senza escludere una moratoria fiscale che potrebbe consentire ulteriore recupero di risorse da reinvestire.

Alla voce degli imprenditori si unisce quella dei liberi professionisti con Partita Iva. Dai dati MEF, valutati solo negli ultimi 3 anni (dal 2017 al 2019) risulta chiaro che imprenditori e Partite Iva costituiscono la spina dorsale dell’Italia. Se queste due realtà si uniscono e si fermano, il Governo affonda con loro.

Dentro ogni singola voce del Decreto Cura Italia, c’è uno sgambetto.

Nessun imprenditore ha voglia di rimettersi in gioco alle condizioni fin qui paventate. Se il Governo non prenderà una decisione netta e chiara rispetto alle criticità che si prospettano all’orizzonte, nessuno rialzerà la saracinesca, con evidenti e pericolose conseguenze sociali: milioni di disoccupati, economia ferma, tasse di ogni genere inevase.

LA VOCE DEGLI IMPRENDITORI E DELLE PARTITA IVA

Alberto Gargano, titolare di Dada Umpa Beach Club e di Eurcity (centro Tecnico Federale a Roma in zona Eur) offre una panoramica su entrambi i settori di attività. “Con la stagione balneare ormai prossima non abbiamo ancora nessuna indicazione su quello che sarà il nostro futuro! Si parla di distanziamento sociale, di gabbie di plexiglas, di pasti da consumare in massimo 25 minuti e a distanza dai propri amici e dai propri affetti: di fatto lo spirito goliardico di una gita al mare, che da sempre contraddistingue il popolo italiano, diverrebbe una sorta di “lager” per pochi intimi! Impossibile pensare di affrontare tutte le spese di una stagione balneare in queste condizioni. Il “popolo” dei lavoratori stagionali sarà penalizzato in modo drastico e noi stessi imprenditori non avremo modo di poter garantire il corretto svolgimento della stagione balneare”. E sulla seconda attività: “Le restrizioni paventate non mi metteranno nella condizione di riaprire l’attività in modo adeguato anche in considerazione del fatto che il nostro core business è l’hospitaly di grandi eventi federali e l’eventistica, privata e non: i parametri restrittivi attualmente millantati dal governo impediranno di fatto lo svolgimento di tutte queste attività aggreganti con il conseguente “crack” di tutti i nostri business plan”.

“Insieme ai miei soci Giovanni Nerini e Andrea Laurenza, abbiamo aperto 4 ristoranti nel giro di tre anni con tanti sacrifici e prima del Coronavirus stavamo già programmando altre aperture in altre città – spiega Alessio Di Cosimo, titolare dei ristoranti “Polpetta” di Roma –.  Ora, dopo questa crisi, e soprattutto senza nessun aiuto concreto da parte della Stato, non abbiamo nessuna certezza nel futuro. La Fase 2 è soltanto un’ipotesi fatta di tante fake news e nessuna realtà. Quasi sicuramente saremo costretti a chiudere due dei nostri ristoranti e tenerne aperti soltanto due per provare a limitare i costi fino a quando, si spera, si tornerà alla normalità. Questo ci costringerà, a malincuore, a non rinnovare i contratti di molti nei nostri dipendenti”.

“Le restrizioni portate dal Covid-19 hanno bloccato tutti i settori in cui la mia azienda lavora, investendo circa duecento tra dipendenti e collaboratori – racconta Maurizio Santoro, responsabile di IVS s.r.l., azienda di Sicurezza che opera in tutto il Lazio nel settore intrattenimento, musica e spettacolo –. Le attuali restrizioni sulle riaperture non prevedono un futuro per i nostri servizi, in quanto le modalità impraticabili non rendono neanche lontanamente ipotizzabili assembramenti di nessun tipo, lasciando tutti gli operatori addetti al controllo musica e spettacolo senza lavoro. Dato l’ingente numero di personale impiegato nel settore in tutta Italia, mi auguro che anche questo aspetto verrà dibattuto nelle opportune sedi, al fine di trovare una soluzione che permetta di salvaguardare sia la tutela sanitaria degli avventori, sia il posto di lavoro dell’intera categoria in oggetto”.

“Siamo state una delle attività che hanno chiuso per prime e oggi non ci sono certezze sulla nostra riapertura e sopravvivenza – dichiara Angelo Di Agostino, socio dell’Eden Club, un locale storico di Roma sito in Piazzale dello Stadio Olimpico –. Abbiamo da pagare affitti, utenze, fornitori e tasse entro fine maggio. Con la riapertura si riattiverebbe tutto: dovremo riprendere in carico il personale, le spese aumenteranno in maniera considerevole, mentre il nostro fatturato sarà limitatissimo, considerando la poca affluenza di pubblico in considerazione delle numerose restrizioni che dovremo rispettare. Tutto ciò significa che siamo destinati al fallimento. La nostra attività porta inevitabilmente all’aggregazione di persone ma allora mi chiedo a che pro permetterci di aprire? Per fallire? Forse sarebbe meglio tagliare tutti i costi che dovremo sostenere nel 2020 e permetterci di riaprire solo quando si potrà tornare alla normalità”.

“I giorni di chiusura imposti dall’emergenza sanitaria, senza un supporto concreto, ci hanno privarci dell’unica fonte di reddito e, allo stesso tempo, hanno determinato un forte accumulo delle spese – spiega Alessandro Di Bartolomei, titolare della Cicli Di Bartolomei, attività inserita nel circuito delle Botteghe Storiche di Artigianato di Roma, nata nel 1945 e tramandata, di padre in figlio, fino ad oggi –. Ora ci troviamo davanti a una Fase 2 incerta, senza garanzie, che sta generando nelle persone panico e angoscia dei luoghi chiusi e affollati. Come possiamo pensare al futuro di un negozio su strada?! Probabilmente, saremo costretti a tagliare drasticamente la produzione, posticipate le scadenze per quanto potremo, con la speranza di non arrivare a chiudere. In quel caso oltre a perdere un lavoro e dei contribuenti sempre precisi, lo Stato perderà anche quel ‘pezzo’ di artigianalità che ha sempre dichiarato di voler proteggere e salvaguardare”.

Ho aperto la mia attività 4 anni fa, con tanti sacrifici e grazie alla collaborazione di mio figlio. Senza aver chiesto alcun aiuto alle banche siamo riusciti a portare avanti l’attività, pagando tutto e tutti – racconta Bruna Bernabò amministratrice della B.E.C. Arredamenti e Fabbrica Cucina Srl –. Ora che iniziavamo a vedere la luce in fondo al tunnel ecco il Coronavirus. Di certo l’aiuto dello Stato di 600 euro una tantum (ancora non arrivati) non ni permette di andare avanti. Non so se riuscirò a tenere aperta l’attività. Ora la sensazione è quella di chiuderla”.

“Ho 3 operai, ora in cassa integrazione (non ancora percepita da loro, perché quella data del 15 aprile garantita dallo Stato non è stata affatto rispettata) – spiega Paolo Piersigilli, amministratore della Falegnameria 2019 Srls –. Senza aiuto delle banche sono riuscito ad andare avanti per il primo anno. Ora che si stava ampliando il lavoro, è giunto il Coronavirus e con 600 euro dello Stato (non ancora arrivati) non ci pago neanche la bolletta della luce. Sinceramente non so se riuscirò ad andare avanti”.

“Sono una Partita Iva dal 2006. Produco reddito per lo Stato da 14 anni, eppure nel Decreto Cura Italia del 14 marzo, di me si sono completamente dimenticati – dichiara Francesca Scognamiglio Petino, libera professionista con Partita Iva –. A guardare i dati MEF degli ultimi tre anni, noi liberi professionisti costituiamo il 70% delle partite iva aperte, grazie anche, come si legge proprio nei documenti del MEF, all’introduzione del regime forfettario. Regime forfettario, che, attenzione, è un altro grande bluff dello Stato, messo in giro proprio per ottenere questo risultato: apertura di partite IVA. In un secondo momento, il Decreto viene integrato con l’opportunità di richiedere un bonus (una tantum) di 600 euro a INPS (o cassa previdenziale di appartenenza, nel mio caso l’INPGI) e poi la Regione Campania introduce ancora una seconda possibilità di un bonus di 1.000 euro (sempre una tantum). Io non ho diritto ad accedere a nessuna delle due opportunità, perché queste soluzioni non seguono il tetto del forfettario ma si fermano esattamente alla metà. In ogni caso, né i 600 euro, né i 1000 euro sono una soluzione dignitosa. Ogni mese, la mia più grande preoccupazione sono le tasse. Con la mia fatturazione ferma non riuscirò più a pagarle, ovviamente. Lo Stato ha una sola chance: bloccare e cancellare tutti i ravvedimenti e le rateizzazioni F24, MAV e RAV. Azzerare e ripartire nel 2021, con un regime fiscale totalmente rivisto e meno ‘strozzino’! Tanto comunque noi non pagheremo, perché non abbiamo la possibilità di farlo!”.

INSIEME UNITI

Movimento apolitico e apartitico

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