venerdì, Marzo 29, 2024

Recovery fund, un’occasione per rifare l’Italia nel processo di integrazione europea

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Francesco Monaco
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Francesco Monaco, giornalista. Esperienza dalla carta stampata a internet, radio e tv. Scrittore, il suo primo romanzo: 'Baciami prima di andare'.

Il Recovery fund da 750 miliardi di euro, la risposta europea alla crisi scatenata dal Covid-19, vede l’Italia maggiore beneficiario con circa 172.

Recovery fund | La Commissione europea ha messo sul tavolo la sua proposta per sostenere le economie del Continente piegate dalla più devastante recessione di sempre e guarda agli anni a venire come la ‘sfida piu’ importante della sua storia’. Il Fondo per la ripresa, ha svelato pochi giorni fa Ursula von der Leyen, avrà una ‘potenza di fuoco’ di 750 miliardi di euro che saranno raccolti dalla Commissione sui mercati, 500 dei quali saranno di stanziamenti per gli stati membri e 250 di prestiti.

L’Italia, secondo un documento interno della Commissione, farebbe la parte del leone, e otterrebbe circa 172 miliardi, con stanziamenti per 81,8 miliardi e prestiti per 90,9 miliardi. Lo strumento sarà inserito all’interno di un Bilancio 2021-27 che secondo la Commissione deve essere di 1.100 miliardi: la risposta europea alla crisi scatenata dal Covid-19, se la proposta sarà approvata, arriverà complessivamente a 2.400 miliardi, considerando anche i 540 miliardi mobilitati per il Mes, il fondo Sure e le garanzie della Bei.

“Nessuno può farcela da solo”, ha detto von der Leyen chiedendo unità ai 27 per una risposta comune, le economie degli Stati membri “dipendono le une dalle altre”, “non investire oggi, significa pagarne i costi domani”. Di “svolta storica” parla il commissario Ue Paolo Gentiloni. Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel spinge le capitali per un accordo entro l’estate, ma la proposta dovrà passare al vaglio dei paesi membri all’unanimità e la partita politica si annuncia complessa. La proposta della Commissione infatti raccoglie il plauso dell’Italia e il favore dei paesi più colpiti dallo shock della crisi, ma l’Olanda si mette già di traverso e fa sapere a stretto giro che i giochi non sono ancora fatti. Tutt’altro.

La proposta della Commissione, migliorativa rispetto al piano franco-tedesco che chiedeva 500 miliardi di sovvenzioni, prevede di aumentare temporaneamente’ al 2% il tetto delle entrate del bilancio e chiede che cio’ avvenga in “modo equo e condiviso”. Tra le proposte per incrementare le risorse comuni, Bruxelles studia nuove entrate come la ‘carbon tax’ alle frontiere, una tassa sulla plastica non riciclata, o anche una ‘web tax’ sui colossi del digitale. Quest’ultima sarà adottata dalla Ue se non ci sarà un accordo in sede Ocse.

Il piano della Commissione si basa su tre pilastri di intervento: In primo luogo la ‘Recovery and Resilience Facility’ per “sostenere i paesi membri a fare investimenti e riforme per fronteggiare la crisi”, che avrà 560 miliardi a disposizione per sostenere investimenti e riforme nel rispetto delle regole del Semestre europeo e con l’obiettivo di intervenire nelle priorità strategiche della Ue, dall’economia verde al digitale. 310 miliardi saranno a disposizione per sovvenzioni, 250 miliardi per prestiti. Altri 55 miliardi saranno aggiunti ai programmi legati alla coesione fino al 2022, tenendo conto dell’impatto socio-economico della crisi. L’esecutivo Ue propone anche di incrementare il Fondo per la transizione giusta e quello per lo sviluppo dell’agricoltura.

Inoltre Bruxelles, conferma un nuovo strumento per garantire la solvibilità delle imprese fortemente penalizzate dal lockdown nei settori e nei Paesi più colpiti mettendo a disposizione 31 miliardi che potrebbero mobilitare fino a 300 miliardi grazie a un effetto leva. La Commissione infine punta a rafforzare i settori che si sono trovati più in difficoltà al momento dell’esplosione della pandemia, quello sanitario in testa: per la sanità si prevede un ulteriore sforzo finanziario di 94 miliardi e sarà rafforzato il meccanismo di protezione civile europeo. La palla adesso passa alla politica. Il 18 e 19 giugno è previsto un Consiglio europeo, forse il primo vertice in presenza dei leader dallo scoppio della pandemia.

L’Italia, la Francia e la Spagna, con la sponda di Berlino, appoggiano la proposta della Commissione. I ‘frugali’, tramite l’Olanda fanno già sapere di essere pronti a vendere cara la pelle. Il blocco dell’Est giocherà la sua partita su più tavoli. Le trattative prenderanno certamente tutta la prima parte dell’estate poi spetterà al Parlamento europeo dare il via libera definitivo. “Senza un accordo ambizioso siamo pronti a dire no”, ha già annunciato il presidente dell’Eurocamera, David Sassoli.

Pina Picierno: “Fatta l’Europa, è ora di rifare l’Italia”

“La proposta di Recovery Fund avanzata dalla Commissione è solida, dettagliata, ingente. Un tassello importante per la definitiva individuazione degli strumenti messi a disposizione dall’Unione per affrontare tempestivamente e adeguatamente la crisi, sanitaria quanto economica e produttiva. Ma non è solo questo. Si tratta, a ben vedere, dell’accelerazione al processo di integrazione più consistente della sua travagliata ed eccezionale storia, almeno dai tempi della caduta del muro di Berlino”. Ad affermarlo è Pina Picierno, parlamentare europea del Partito Democratico, sulle pagine di immagina.eu, sottolineando soprattutto “la rapidità delle scelte compiute”.

“In poche settimane – prosegue – si sono susseguite decisioni la cui portata, sia in termini quantitativi che di scelta degli strumenti, fanno impallidire i trent’anni che abbiamo alle spalle. L’Europa dell’austerità sembra un ricordo sbiadito da decenni di storia. Così come sembrano ricordi sbiaditi alcune prime uscite un po’ improvvide delle leadership europee nei primi giorni dell’emergenza”. La Picierno, infatti, ricorda quanto accaduto in questi mesi e i cambiamenti vissuti fino alla proposta del Recovery Fund che solo immaginarla a inizio pandemia sarebbe stato da pazzi. “Molti dubitavano della praticabilità di questa risposta. A giusta ragione, è stato evocato con il termine di Next Generation, a sottolinearne la portata generazionale delle misure proposte e a immaginare la funzione che esse svolgeranno per definire la nuova Europa. Whatever it takes, ad ogni costo, si disse ad inizio pandemia”.

Insomma, si è nel campo delle scelte che “non solo risponderanno alla crisi, ma che disegneranno il futuro dell’integrazione”. Va ricordato che resta da concludere il negoziato, così come che non sarà semplice, ma “la strada sembra segnata”. “Quando queste risorse comuni saranno rese nelle disponibilità di ciascun paese, utilizzarle con responsabilità, con lungimiranza, con equità. Questo è l’aspetto, che fin da subito, bisogna assillarci, anche prima che esse siano definitivamente assegnate. La crisi sta già pesando sulle spalle dei più deboli. Piccole imprese, lavoratori precari e di aziende che già prima della pandemia erano in crisi, chi era già escluso o marginalizzato dal circuito economico o dal mercato del lavoro, come le donne”.

Resta l’idea che sia necessario “ridisegnare un paese dalle sue basi economiche e amministrative, dalla riparazione dei suoi divari territoriali e di genere, dalla ricomposizione delle sue fratture sociali”. Come conclude la parlamentare europea dem, “forse possiamo mutuare un vecchio motto risorgimentale: fatta l’Europa, è ora di rifare l’Italia”.

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