Cronaca di Benevento: a un imprenditore di Dugenta (che faceva lavorare gli operai oltre 12 ore al giorno in condizioni degradanti) è stata anche sequestrata l’azienda.
Una brutta storia di caporalato arriva da Dugenta (Benevento), dove un imprenditore è stato arrestato (per lui è scattata la misura degli arresti domiciliari, eseguita dalla Squadra Mobile di Benevento). L’uomo è indagato per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, in concorso con altre tre persone indagate a piede libero.
Le indagini sono iniziate nel gennaio 2018, dopo un controllo stradale sul destinatario della misura da parte degli agenti del Commissariato di Telese Terme. L’uomo guidava un autocarro all’interno del quale vennero sorprese cinque persone di nazionalità straniera, prive di documenti di identificazione, le quali, come accertato successivamente, prestavano attività lavorativa nell’azienda dell’imprenditore.
Dai successivi approfondimenti sull’attività dell’azienda impegnata nel settore della lavorazione dei tessuti, è emerso che gli indagati assoggettavano i dipendenti a condizioni di lavoro ed alloggiative degradanti, in alcuni casi mettendo a disposizione delle abitazioni dietro versamento di corrispettivo che veniva trattenuto dal datore di lavoro sulla retribuzione dovuta, pari alla somma di 20 euro al giorno.
Tutto ciò nonostante le oltre 12 ore di lavoro quotidiane (dalle ore 5.15 alle 17.30), in palese contrasto con le norme dei contratti collettivi e con quelle in materia di sicurezza ed igiene sul lavoro.
Nell’ambito delle indagini si è proceduto al sequestro preventivo dell’opificio in questione nonché di un locale ad esso adiacente e dei materiali tessili pronti all’impiego. Gli indagati, nonostante il provvedimento, hanno trasferito l’attività in un altro immobile, individuato e a sua volta sottoposto a sequestro preventivo.
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, il ruolo predominante nella commissione dei fatti criminosi era rivestito dal destinatario della misura cautelare, il quale abitualmente si rivolgeva ai lavoratori con appellativi offensivi e con espressioni minacciose ed esercitava il suo potere di sorveglianza anche al di fuori dei luoghi e orari di lavoro, entrando arbitrariamente nelle private dimore dei dipendenti.