“Benvenuti in Casa Esposito” non è solo una commedia napoletana piena di ritmo e situazioni esilaranti: è un racconto morale, una riflessione amara e moderna sulla seduzione del male e la sua miseria quotidiana.
Napoli torna a raccontarsi con ironia, dolore e disincanto. A inaugurare la stagione 2025-2026 del Teatro Augusteo, da venerdì 24 ottobre a domenica 2 novembre, arriva “Benvenuti in Casa Esposito”, commedia in due atti scritta da Alessandro Siani, Pino Imperatore e Paolo Caiazzo, liberamente tratta dal romanzo bestseller di Pino Imperatore.
A firmarne la regia è Alessandro Siani, mentre protagonista è Giovanni Esposito, nei panni di Tonino Esposito, figlio imbranato e malinconico di un boss della Sanità che cerca, maldestramente, di ereditare un potere che non gli appartiene. Sul palco con lui Nunzia Schiano, Susy Del Giudice, Salvatore Misticone, Gennaro Silvestro, Carmen Pommella, Giampiero Schiano e Aurora Benitozzi. Le musiche sono di Andrea Sannino e Mauro Spenillo, le scene di Roberto Crea e i costumi di Lisa Casillo.
“Benvenuti in Casa Esposito” non è solo una commedia napoletana piena di ritmo e situazioni esilaranti: è un racconto morale, una riflessione amara e moderna sulla seduzione del male e la sua miseria quotidiana, sull’illusione di potere che spesso contagia chi ne è solo spettatore. Tonino Esposito, figlio del defunto boss Gennaro, vive all’ombra di un nome che pesa come una condanna. Vorrebbe essere temuto, rispettato, ma finisce sempre per essere goffo e perdente. Quando la realtà lo travolge, trova rifugio nel Cimitero delle Fontanelle, dove si confida con un teschio, quello di un misterioso Capitano spagnolo che, comincia a parlargli e a guidarlo come una voce della coscienza. Abbiamo incontrato Giovanni Esposito, protagonista dello spettacolo, per riflettere insieme su questa Napoli in bilico tra tragedia e farsa.
Giovanni, come nasce questo nuovo “Benvenuti in Casa Esposito”?
«È uno spettacolo nato da un’idea di Alessandro Siani, che nel 2020, insieme ad altri, acquistò i diritti del libro per trarne un film diretto da Gianluca Ansanelli, rivelatosi un grande successo. Da lì, lo stesso Siani ha voluto portare la storia a teatro, chiedendomi di interpretare Tonino. Si è lavorato al testo con Pino Imperatore e Paolo Caiazzo per aggiornarlo, renderlo più attuale, più pungente e, al tempo stesso, ancora più divertente. Il pubblico troverà una commedia brillante ma con un messaggio forte: una denuncia della camorra che parte dalla comicità per arrivare a un grido d’allarme autentico. Soprattutto attraverso gli occhi della figlia di Tonino, che capisce quanto il male, anche quando sembra “di famiglia”, distrugga tutto: le persone, la città, la dignità».
Molti pensano che la comicità non possa affrontare temi gravi come la criminalità. Lei che ne pensa?
«Io credo il contrario. Il riso, se ben dosato, può essere una lama sottile. In questo spettacolo si ride, sì, ma si riflette. La comicità serve a smascherare la stupidità del male, a mostrarne la fragilità. Tonino è ridicolo proprio perché tenta di essere ciò che non è. È un figlio di un sistema malato, ma anche una vittima di quel modello che lo ha educato alla violenza. Ridendo di lui, il pubblico ride di un’intera cultura distorta».
Il fantasma del Capitano spagnolo sembra un simbolo molto napoletano in cui superstizione e redenzione convivono.
«È un personaggio chiave. Rappresenta la coscienza, la voce che spinge Tonino a guardarsi dentro. Il riferimento al culto delle “capuzzelle” del Cimitero delle Fontanelle lega la storia a una Napoli antica, misteriosa, dove il sacro e il profano si mescolano. Il Capitano è una sorta di grillo parlante, un alter ego che mette Tonino davanti alle sue responsabilità. In fondo, è lo spirito di un popolo che non vuole più tacere».
Cosa si augura che il pubblico porti con sé dopo lo spettacolo?
«Mi auguro che la gente torni a casa con il sorriso, ma anche con un pensiero in più. “Benvenuti in Casa Esposito” diverte, ma lascia un retrogusto amaro. Ricorda a tutti noi che la camorra non è solo criminalità: è mentalità, è debolezza, è mancanza di alternative. E che liberarsene significa cambiare modo di pensare, non solo di vivere».
In un’epoca in cui la criminalità viene spesso spettacolarizzata dalle fiction e ridotta a cliché, “Benvenuti in Casa Esposito” restituisce a Napoli la sua voce più vera: quella che ride per non piangere, che svela la tragedia dietro la maschera. Con la regia di Siani e la profonda umanità di Giovanni Esposito, questa commedia diventa una parabola civile: una risata che denuncia, un applauso che chiede riscatto.
