Il ministro per lo Sviluppo economico, Carlo Calenda, continua a non risparmiare frecciate e colpi a Matteo Renzi. E sembra puntare dritto alla poltrona di premier.
Non si puo’ certo dire sia passato inosservato il ministro per lo Sviluppo economico, Carlo Calenda, che ha preso parte anche lui all’evento al Teatro Parenti di Milano per lanciare la corsa di Giorgio Gori alla Regione Lombardia. Davanti proprio al segretario del Pd, Matteo Renzi, dal palco dell’evento organizzato a Milano, non sono mancate alcune frecciate e, soprattutto, momenti di ammirazione totale per lui da parte della sala. Situazioni che, unite agli attacchi dei giorni, come viene riportato da Il Giornale, nell’articolo a firma di Paolo Bracalini, lasciano trapelare come “da mesi tesse la tela e già parla e dà la linea politica come un potenziale premier in quota Pd”.
“Siamo stati il governo della costruzione e non della rottamazione. Non siamo rottamatori ma grandi costruttori”. Calenda, neanche tanto velatamente, punta il dito contro una retorica per la quale, invece: “Non è tempo di rottamazione, è vero, ma se non ci fosse stata, la classe politica sarebbe sempre la stessa”. Le parole in risposta e rima dell’ex premier non lasciano adito a tanti dubbi.
Insomma, anche di fronte alle 1500 persone accorse, allo stesso sindaco di Milano, Sala, non se le mandano a dire. “Calenda su di me aveva un pregiudizio – afferma Renzi -. Perché pensava che fossi solo un rottamatore. Cosi’ come io credevo che fosse un fighetto di Confindustria. In fondo noi litigavamo anche prima, solo che le cose me le diceva tramite sms. Ora ha scoperto Twitter. Ma adesso te lo togliamo questo Twitter!”. La battuta nasconde (e neanche troppo) un bel fondo di verita’. Se potesse, lo farebbe davvero. Si vede. Si percepisce dal tono di voce. Magari avrebbe saputo tramite comunicazione via smartphone il pensiero sull’ipotesi che nel programma del Pd venga inserita l’abolizione del canone Rai. La stessa che, invece, il ministro dello Sviluppo ha definito “cinguettando”, come “solo una presa in giro”.
“Non abbiamo abolito articolo 18 – prosegue Calenda – , il Jobs act è molto di più. Abbiamo messo la base per un nuovo welfare, costruito un nuovo sistema di relazioni industriali. Questo è il Jobs act, non l’abolizione dell’articolo 18″. Ma il colpo piu’ forte, Calenda lo conserva per il finale. Quando, afferma come “qualunque strada ci sarà dopo il 4 marzo non ha niente a che vedere con quelle ricette”. In riferimento all’ipotesi di coalizioni con Berlusconi e quel centrodestra che, dal canto suo, Renzi ha definito solo come un “remake del passato”. Almeno su questo, forse, sono d’accordo. Forse.