venerdì, Dicembre 5, 2025

Vincenzo Salemme e l’etica del riso: quando la promessa diventa coscienza

Dopo l’anteprima napoletana all’Arena Flegrea dello scorso 20 settembre, la commedia di Vincenzo Salemme approda ufficialmente al Teatro Diana, suggellando ancora una volta il legame profondo tra l’autore e la sua città.

Parte con slancio, tra applausi e attese, la quarantacinquesima stagione del Teatro Diana, che inaugura il suo nuovo cartellone con la più recente creazione di Vincenzo Salemme, “Ogni promessa è debito”.

Dopo i trionfi registrati nel 2025, non ultimi quelli al Teatro Sistina di Roma e al Teatro Alfieri di Torino, e l’anteprima napoletana all’Arena Flegrea dello scorso 20 settembre, la commedia approda ora ufficialmente nello spazio di via Luca Giordano, suggellando ancora una volta il legame profondo tra l’autore e la sua città.

Salemme, uno dei pochi drammaturghi italiani contemporanei a coltivare con costanza il teatro di parola, firma qui la sua nuova commedia ( ne sono circa trenta quelle scritte fino ad oggi) un’opera che porta in sé il segno distintivo del suo stile, capace di unire il riso e la malinconia, la farsa e la riflessione, il quotidiano e l’assurdo.

Attore, autore e regista, l’artista bacolese costruisce un racconto teatrale che, pur nella sua apparente leggerezza, si svela come una riflessione amara sulle illusioni e sulla natura contraddittoria dell’uomo moderno. La vicenda ruota intorno a Benedetto Croce (non un nome scelto a caso) proprietario della pizzeria “Croce e delizia” di Bacoli, interpretato dallo stesso Salemme inamovibile punto di riferimento in scena.

Dopo un naufragio con i figli e con il suo cameriere, il protagonista, in stato di sonnambulismo, pronuncia un voto alla santa patrona del paese, Sant’Anna, promettendo di devolvere una somma precisa e spropositata: 5.557.382,60 euro. L’audio del voto, diffuso da una influencer, Seccia Nera (interpretata da Rosa Miranda), diventa virale, scatenando l’avidità collettiva e l’assalto al suo presunto tesoro spirituale.

A contendersi il bottino immaginario, tra gli altri, si presentano il parroco, padre Cristoforetto (Nicola Acunzo), il sindaco di Bacoli (Geremia Longobardo) , il fratello del protagonista (Domenico Aria) e persino un improbabile indiano e una vedova brasiliana, in realtà un napoletano travestito da pizzaiolo, incarnato con verve da Vincenzo Borrino. In mezzo a loro, il fedele e disgraziato cameriere, la classica “spalla” salemmiana affidato all’irresistibile Antonio Guerriero, contribuisce con il suo candore alle situazioni comiche più travolgenti.

Come nelle migliori commedie dell’autore, gli equivoci si moltiplicano, le parole si intrecciano, e il linguaggio si fa teatro dell’assurdo, dove ogni errore lessicale diventa occasione di riflessione sulla superficialità e l’ingordigia del presente. Tuttavia, in “Ogni promessa è debito”, la risata non è mai fine a sé stessa: è lo specchio deformante di un’umanità che, pur ridendo, rivela la propria fragilità morale.

Tra le pagine comiche si inseriscono momenti di struggente introspezione, in particolare nelle figure dei figli di Benedetto: Fernanda Pinto, nel ruolo della figlia, rievoca per intensità e malinconia la Ninuccia di “Natale in casa Cupiello”, con il suo desiderio di libertà e la sua voglia di fuggire a Boston per diventare cantante; mentre Gennaro Guazzo, il figlio, rappresenta la generazione iperconnessa e infelice, persa tra schermi e silenzi.

In questo breve ma intenso scambio, la farsa si sospende e il pubblico si ritrova improvvisamente di fronte al dramma del vivere contemporaneo, dove i sogni dei giovani si scontrano con la miopia degli adulti. L’ensemble di interpreti, tra cui anche Sergio D’Auria, Oscar Di Maio, Pina Giarmanà e Agostino Pannone, contribuisce a dare ritmo a una commedia che alterna momenti di comicità irresistibile a squarci di poesia.

Non mancano gli echi eduardiani, nelle situazioni e nei caratteri, e persino un omaggio al Pinocchio di Collodi: l’illusione che muove i personaggi è, in fondo, la stessa del burattino che vuole farsi uomo, credendo che la menzogna possa salvarlo dalla verità. Con il suo ritmo incessante, oltre due ore senza intervallo, e un finale che coinvolgendo il pubblico sorprende e commuove, “Ogni promessa è debito” si rivela un viaggio dentro le contraddizioni dell’animo umano.

Salemme, come nell’eduardiana “Sogno di una notte di mezza sbornia”, conduce lo spettatore dal riso alla meditazione, dal grottesco al simbolico, ponendo un interrogativo che riecheggia ben oltre il sipario: cosa resta di una promessa, quando a tradirla non è il denaro, ma la coscienza? Nel suo teatro, la risata è sempre una forma di pietà: una carezza sull’anima ferita dell’uomo moderno, che promette a se stesso di cambiare e, puntualmente, non mantiene. Ma è in questa eterna contraddizione, tra la parola data e la verità taciuta, che si rivela tutta la struggente umanità del teatro di Vincenzo Salemme.

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