venerdì, Dicembre 5, 2025

Napoli saluta James: un addio che suona ancora

Una quiete densa, intrisa di memorie e respiri trattenuti, ha avvolto la Chiesa di Santa Maria dell’Arco a Miano quando il feretro di James Senese ha varcato la soglia. Era un silenzio vivo, che vibrava come una nota sospesa, capace di raccontare Napoli senza parlare: una città che piange e canta nello stesso fiato.

Tra quelle mura colme di volti commossi, dove l’incenso si confondeva con l’odore antico delle storie e delle lotte condivise, il popolo partenopeo ha abbracciato l’ultimo viaggio di uno dei suoi figli più autentici, voce e carne del suo stesso destino. Gli occhi lucidi erano preghiere mute, i sospiri somigliavano al respiro lontano del suo sax, come se ogni cuore custodisse ancora un frammento di quel suono ruvido e misericordioso.

Napoli saluta James: un addio che suona ancora

Qualcuno mormorava un verso, un ricordo; altri restavano immobili, rapiti da un’armonia che sembrava ancora sfiorare le volte della chiesa. Perché James non è davvero partito: la sua anima continua a serpeggiare nelle vene della città, dove ogni strada, ogni pietra, porta l’eco eterna del suo canto ribelle. Nato nel 1945 da madre napoletana e padre afroamericano, James Senese da “nero a metà”, proprio come l’amico e compagno d’arte Mario Musella, aveva incarnato l’anima meticcia di Napoli, il suo battito doppio, il suo destino d’amore e di rivolta.

E con lo stesso Mario, fondò gli “Showmen”, e poi, nel 1974, i “Napoli Centrale”: la rivoluzione musicale che fuse il jazz americano con la cadenza viscerale del dialetto, trasformando la rabbia sociale in canto e preghiera. Con Pino Daniele, Tullio De Piscopo, Joe Amoruso, Rino Zurzolo ed Ernesto Vitolo fu il respiro del “Neapolitan Power”, quella corrente irripetibile che riscrisse il linguaggio musicale del Sud. Le sue note erano ferite e carezze, urli e sospiri.

Napoli saluta James: un addio che suona ancora

Quando il suo sax cominciava a raccontare, Napoli sembrava farsi corpo e anima, memoria e presente. Ricoverato al Cardarelli a fine settembre per una grave infezione polmonare, James si è spento a ottant’anni, dopo una vita che aveva suonato ogni emozione possibile. Dai giorni dei primi successi e dalla parentesi solista di “Hey James” al manifesto sociale di “’O Sanghe”, vincitore della Targa Tenco, la sua musica è stata sempre lotta e poesia. Nel suo percorso non sono mancati gli incontri con il cinema: da “No grazie, il caffè mi rende nervoso” con Massimo Troisi a “Passione” di John Turturro, fino a “Una festa esagerata” di Vincenzo Salemme.

La camera ardente, allestita nella sua casa di Miano, ha visto passare amici, colleghi, musicisti e gente del popolo. Accanto a lui, i figli Pasquale e Anna e il nipote Costantino, testimoni di una vita vissuta nel ritmo, nel dolore e nella verità. Poi, il commosso corteo di ieri mattina verso la chiesa del quartiere, dove l’ultimo applauso è diventato preghiera e la preghiera è diventata musica.

Ed è stato in quell’abbraccio collettivo, che una folla di artisti e amici, arrivati da ogni angolo della città, primi tra tutti Enzo Avitabile e Tullio De Piscopo, si è stretta attorno alla bara di James sovrastata dal suo sax e da un suo ritratto dipinto. Volti segnati, cuori sospesi, respiri trattenuti: tutti immobili, come se il tempo avesse voluto inchinarsi davanti al suo sassofono silenzioso. In prima fila, i figli Pasquale e Anna, accanto al nipote Costantino, custodi di un’eredità di luce e tormento.

Con loro, l’emozione palpabile di Enzo Gragnaniello, la voce bassa e commossa di Nino D’Angelo, lo sguardo vibrante di Eugenio Bennato, il passo lento di Pino Sondelli, la malinconia di Ernesto Vitolo, la dolce intensità di Monica Sarnelli, il battito tribale di Ciccio Merolla, la quieta profondità di Antonio Onorato, il calore mediterraneo di Tony Esposito, la presenza discreta di Gigi Attrice, il pensiero poetico dell’avvocato e paroliere Francesco Puglisi, la fibra ruvida e sincera di Peppe Lanzetta, la vigile attenzione di Claudio Niola, il sax nel cuore di Marco Zurzolo, il sorriso di Lucia Cassini, la memoria rock di Lino Vairetti, la storia di Tommaso Bianco e la partecipazione intensa di Francesco Sorrentino.

Tra la gente, anche il Sindaco di Napoli Gaetano Manfredi e Roberto Fico, oggi candidato alla guida della Regione, testimoni di un lutto che ha attraversato cittadini e istituzioni. E quando la voce di Frà Pino Cianci ha riempito la chiesa «James, nato Gaetano, non ha lasciato questo mondo in un giorno qualunque ma proprio in quello dedicato al suo Santo. Nulla è casuale: ha trasformato ferite e solitudine in luce, e quella luce l’ha donata a tutti noi. Il suo sax è stato riscatto, la sua musica, la nostra bandiera nel mondo» un brivido ha attraversato ogni panca, come se l’ultimo acuto di James fosse tornato, per un istante, a vibrare. Con Senese se ne va non solo un musicista, ma una parte dell’anima di Napoli.

Quell’anima fiera, scura, luminosa e inquieta che ha saputo trasformare ogni ferita in melodia. E mentre la chiesa si svuotava, qualcuno ha gridato: “James è ancora qui”. E sì, resterà. Nelle strade, nei sogni di una città che, senza di lui, sembra aver perso un po’ della sua voce.

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