Al Teatro Diana, dove le storie sembrano trovare una loro eco tra velluti e sospiri, è andato in scena “Ti sposo, ma non troppo”, affidato alla guida di Gabriele Pignotta, che firma pure il testo e la regia, e di Vanessa Incontrada, artefici di un duetto scenico di grande complicità. Il pubblico napoletano ha accolto questa commedia come si fa con gli amici veri: pronti a riconsiderare le loro verità, a sorridere delle loro fragilità e, soprattutto, a riconoscersi nella loro umanissima confusione.
La trama si apre come una finestra sulla quotidianità sentimentale di oggi, dove le certezze evaporano con la stessa rapidità delle notifiche sullo schermo di uno smartphone, e la fedeltà diventa una parola da pronunciare con cautela. Andrea, interpretata da una luminosa Vanessa Incontrada, è una donna tradita e al tempo stesso incredibilmente salda nella propria dolcezza: madre affettuosa, innamorata nonostante tutto, ferita da un marito che l’ha abbandonata scegliendo i riflessi di Ibiza e una ventisettenne dal futuro più leggero del suo. Incontrada costruisce un personaggio vivo, fatto di esitazioni e piccoli orgogli, restituendo al dolore un’ironia preziosa.

Accanto a lei si muove Luca, il fisioterapista interpretato da Pignotta, uomo separato che tenta di orientarsi nel universo fluido degli incontri digitali, un mondo di immagini sfiorate e possibilità infinite che però lasciano una solitudine di fondo, sottile come polvere. Pignotta incarna questo smarrimento con un’energia trascinante, capace di passare con naturalezza dal sorriso all’introspezione. Parallelamente scorrono le vite di Carlotta e Andrea, la coppia impersonata da Siddhartha Prestinari e Fabio Avaro.
Dopo quindici anni di matrimonio stanno affrontando la rudezza di un bilancio sentimentale che nessuno vorrebbe compilare. I loro dialoghi, a tratti spigolosi, a tratti teneramente disperati, rivelano la stanchezza delle promesse non mantenute e la paura di ammettere che l’amore, talvolta, va reinventato per sopravvivere. La Prestinari dà spessore a un personaggio lacerato da un bisogno d’ascolto non espresso, mentre Avaro calibra con ironia e misura la fragilità maschile di chi teme il cambiamento ma soffre nel non affrontarlo. Così, tra le due coppie, prende forma un intreccio brillante, acceso da scontri inattesi, piccoli equivoci e momenti di verità che arrivano come fendenti.
Le risate, frequenti e liberatorie, non cancellano l’ombra delle crisi interiori: la accompagnano, la rendono più comprensibile, quasi più accettabile. È in questo altalenare tra leggerezza e profondità che lo spettacolo trova la sua forza, consegnando al pubblico un ritratto sincero delle relazioni mature, quelle in cui gli anni accumulati diventano specchi che non sempre riflettono ciò che vorremmo vedere.
Il successo cinematografico del 2014 è punto d’origine, ma sul palcoscenico tutto appare rigenerato, più aderente al clima emotivo dei nostri giorni, segnati da amori in modalità “provvisoria” e da coppie che cercano, spesso senza confessarlo, una nuova grammatica dell’intimità. Il lavoro di Pignotta funziona proprio perché intercetta questa inquietudine diffusa e la restituisce con ironia raffinata, aprendo spazi di riflessione senza mai tradire il ritmo brioso della commedia. Sul fronte interpretativo, Vanessa Incontrada conquista con una presenza scenica fresca e controllata, fatta di tempi comici precisi e un’empatia che arriva naturale e spontanea. Pignotta, dal canto suo, è incisivo, divertente, capace di tenere insieme tragicomico e verità quotidiana.
Ottimo il contributo di Prestinari e Avaro, che impreziosiscono lo spettacolo con caratterizzazioni vive e coerenti, restituendo la complessità psicologica di una coppia che tenta, con fatica, di risentire il battito di ciò che erano. Al termine, ciò che rimane è una domanda che ogni spettatore porta via con sé: in un’epoca che ci vuole veloci, performanti, pronti a cambiare tutto appena si incrina, siamo ancora capaci di far sopravvivere l’amore oltre le fragilità che ci appartengono? O stiamo smarrendo, un giorno dopo l’altro, il coraggio di restare? Forse la verità è che le relazioni non falliscono perché finiscono, ma perché troppo spesso rifiutiamo il dolore di crescere insieme. E in questo rifiuto, silenzioso e moderno, si nasconde la vera crisi di ogni coppia di oggi.
