Nel cuore della città che fu sepolta dal fuoco e ora risorge attraverso la memoria e la cultura, la serata conclusiva della prima edizione del Festival Internazionale del Cinema di Pompei si è fatta epifania di bellezza, arte e identità.
Diretto da Enrico Vanzina e voluto con passione da Annarita Borelli, il festival ha restituito alla città vesuviana un respiro nuovo, una voce contemporanea capace di dialogare con le sue pietre millenarie.
A suggellare la chiusura di questo suggestivo percorso, nella cornice magnetica del Teatro del Parco Archeologico, è stata l’intensa performance artistica di Domenico Sepe, scultore tra i più significativi del panorama italiano.
Sepe, interprete moderno della classicità, ha dato vita in scena a una creazione ispirata al celebre Fauno danzante: simbolo di vitalità ancestrale, spirito pagano della gioia e del desiderio, il fauno di Sepe è riemerso dalla materia viva come un dio antico chiamato a testimoniare la resilienza dell’arte.
Dinanzi a un pubblico partecipe e rapito, la scultura ha preso forma attraverso un processo che si è fatto rito: un corpo umano, guidato dal gesto dell’artista, è divenuto pietra, nella metamorfosi poetica di un’esistenza che si fa simbolo. Così Sepe ha trasformato la scena in un laboratorio dell’anima, in un luogo in cui la creazione non è solo tecnica ma visione, non solo forma ma coscienza storica.
La sua opera – ponte ideale tra antico e contemporaneo – ha rappresentato la potenza dell’arte come rinascita, come eco inarrestabile del passato che si riflette nel presente. Un atto scultoreo carico di tensione emotiva, dove il gesto si fonde con l’archetipo, dove la memoria diventa materia. Accanto alla performance, Sepe ha firmato anche i premi consegnati durante la serata: due opere evocative e simboliche.
Una prima versione in effetto bronzo, dove il Fauno riemerge dalla pietra lavica vesuviana come creatura mitica; e un bassorilievo, poetico e struggente, che racconta la rigenerazione dell’umanità attraverso l’arte. Opere assegnate a nomi illustri come Marco Risi, Neri Parenti e Luca Ward, testimoni di un cinema che continua a narrare la complessità e la grandezza dello spirito italiano.
In una serata condotta da Sergio Assisi e arricchita dalla presenza degli stessi Vanzina e Borelli, molte le personalità del mondo dello spettacolo accorse a rendere omaggio a un festival già divenuto rito culturale. A completare il percorso di Sepe, anche una grande opera scultorea esposta in esclusiva, richiamo potente ai calchi di gesso delle vittime del 79 d.C.: figure sospese tra la morte e la memoria, ora restituite alla vita da un volto che, nelle parole dell’artista, “vuole diventare simbolo della rinascita di un’epoca meravigliosa e del parco archeologico che ne conserva l’anima”.
A Pompei, ancora una volta, l’arte ha parlato. E la sua voce, scolpita nel vento e nella pietra, è risuonata chiara, commossa, immortale.