Al Teatro CortéSe dei Colli Aminei prosegue con lo spettacolo Ciro Esposito e Rosario Minervini in “Racconti Mannari” sabato 29 novembre alle 21.00 e domenica 30 novembre alle 18.00.
Al Teatro CortéSe dei Colli Aminei la settima stagione artistica prosegue nel segno di una comicità capace di interrogare, con passo lieve e graffio improvviso, le fragilità dell’animo umano. Sabato 29 novembre alle 21.00 e domenica 30 novembre alle 18.00, il palcoscenico del teatro accoglie Ciro Esposito e Rosario Minervini in “Racconti Mannari”, un congegno scenico brillante e sorprendente, scritto e diretto da Catanese, Esposito e Minervini, arricchito dalla presenza di Martina Sionne e Luigi Credendino.
La pièce si articola in tre atti unici, tre piccoli mondi autonomi che, pur nella loro varietà, si stringono attorno a un unico respiro: quello del cambiamento, il motore silenzioso che muove l’essere umano verso mete impreviste.
Sono episodi che sfiorano la tragedia soltanto per il gusto di ribaltarne il sapore, di mostrare come, dietro l’ombra più cupa, possa nascondersi una risata, un lampo di ironia capace di far vacillare certezze e paure. In scena, le metamorfosi della mente e del corpo diventano specchi di un’umanità che si osserva, si giudica, si reinventa; e le domande che gli attori ci porgono, con l’innocenza di un gioco teatrale, scendono invece come frecce precise nel cuore del pubblico: cosa accadrebbe se il principe azzurro smettesse di credere al suo stesso destino?
Come reagiremmo se un amico scomparisse improvvisamente, risucchiato dal vortice di una nuova relazione? E quali bizzarre geometrie emotive si celano dietro l’organizzazione di un matrimonio? Domande divertenti, certo. Ma anche scomode, se affrontate con sincerità. Perché “Racconti Mannari” non è solo una commedia; è un invito gentile a guardare da vicino le nostre metamorfosi quotidiane, quelle che fingiamo di non vedere mentre la vita ci modella, ci trasforma, ci costringe a fare i conti con ciò che siamo diventati.
E allora, in fondo, la vera risata nasce quando scopriamo che quelle storie, così assurde, così “altrui”, parlano proprio di noi. Il teatro ancora una volta ci sorprende: basta sedersi in platea per capire che, dietro ogni personaggio in cerca di equilibrio, si nasconde una parte di noi che chiede ascolto. E forse è proprio questo il potere più sottile della scena: farci intuire che il cambiamento non è mai una minaccia, ma una possibilità. Sta a noi decidere se abbracciarlo o scappare nella penombra.
