martedì, Aprile 16, 2024

Camorra, pizzo per i lavori al Cardarelli: “Prendi i babà”

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Luigi Maria Mormone
Luigi Maria Mormonehttps://www.2anews.it
Luigi Maria Mormone, cura la pagina di cronaca su Napoli e provincia, attualità e sport (pallanuoto, basket, volley, calcio femminile ecc.), laureato in Filologia Moderna, giornalista.

Cronaca di Napoli: dall’inchiesta sul clan Basile emerge un verbale choc sul pizzo per i lavori all’ospedale Cardarelli.

Un verbale choc fa emergere una triste realtà: la Camorra che entra negli ospedali napoletani e impone il pizzo alle ditte impegnate nei vari lotti di lavori. Le indagini fanno riferimento al dicembre 2017, quando il clan Basile del Vomero (già sotto inchiesta per presunte tangenti alla Sma Campania) impone il pizzo a una delle ditte di un raggruppamento temporaneo di imprese che ha vinto un subappalto per la manutenzione al Cardarelli. Come riporta Il Mattino, a un certo punto la conversazione (ottenuta grazie a intercettazioni ambientali) si interrompe: è così che la cimice della squadra mobile (messa all’interno dell’auto giusta) capta il suono delle banconote, contate con fare da ragioniere da uno dei presunti camorristi fresco di “bussata di porta”.

Cardarelli, una tangente da 30mila euro (“i babà”)

L’inchiesta della Dda di Napoli, coordinata dai pm Celeste Carrano e Henry John Woodcock, porta con sé la convinzione che in almeno due casi la tangente sia andata a buon fine: in un primo episodio, uno dei presunti boss emergenti dell’area collinare stringe tra le mani 1000 euro, li mostra al proprio complice e li fa “suonare” con quel sonoro catturato nell’auto “ambientalizzata” da una cimice; in un secondo caso, invece, la tangente incassata (i babà) è di 30mila euro, imposta a una ditta titolare di un appalto sempre all’interno del Cardarelli.arrestato funzionario comune di Maddaloni Quei “babà” dovevano essere 60mila, visto che, come si legge nelle intercettazioni agli atti dell’inchiesta, “dovevano essere il 3% (su un appalto da due milioni di euro, ndr) e dovevano essere 60 babà, trenta per uno”: l’altra metà di quella cifra doveva infatti finire ai clan “confinanti”. Tutto ciò va ad integrarsi alle dichiarazioni dei pentiti del clan Lo Russo di Miano, in cui si parla di favori per ricoveri e cure ricevute da boss e affiliati, fino addirittura alla gestione dei posti di lavoro all’interno degli ospedali cittadini. Per questo, la Dda è convinta della “partecipazione attiva, in alcuni casi, di alcuni pubblici funzionari, ai danni di diversi obiettivi come imprese di costruzioni, esercenti attività commerciali ed aziende appaltatrici di lavori pubblici e servizi presso strutture pubbliche”.

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