Simon Wiesenthal: memoria del più celebre “cacciatore di nazisti”

Simon Wiesenthal, un ricordo della memoria del più celebre “cacciatore di nazisti” sopravvissuto a dodici plotoni di esecuzione e allo sterminio di tutta la sua famiglia, nel campo di concentramento di Mauthausen.

di Carlo Farina – Quando si scrive un libro a ottant’anni, la prima cosa che si pensa è che sia l’ultimo. Ciò induce alla pedanteria. Con questa breve introduzione, Simon Wiesenthal pubblicò nel 1989 il suo ultimo libro Giustizia non vendetta. Il più famoso “cacciatore di nazisti”, che con la sua accurata opera d’investigazione, riuscì a catturare più di mille criminali di guerra nazisti, assicurandoli alla giustizia, rievoca in questo suo ultimo libro i retroscena e i risvolti che hanno portato alla cattura alcuni dei più alti dirigenti della Gestapo. Il fatto che lui stesso fosse stato un internato nel tristemente noto campo di concentramento di Mauthausen, ha sollevato più di un sospetto da parte di alcuni individui che vedevano nella sua attività una sorta di spietata vendetta. Ma le cose non stavano affatto così e proprio in questo suo celebre suo libro volle spiegare le ragioni che hanno portato un uomo ad una scelta così estrema. Wiesenthal ha cominciato la sua “strana” attività subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, e quasi per caso quando, alla liberazione del “suo” campo di sterminio, aiutava gli americani all’identificazione degli aguzzini nazisti che si erano macchiati di atrocità inimmaginabili. Ancora oggi si resta impietriti e sconcertati davanti tanta crudeltà, del tutto gratuita e inutile. La cosa più sorprendente era la facilità con la quale riusciva a riconoscere coloro che si erano macchiati dei crimini più orrendi. Da questa sua semplice quanto insolita capacità, è nata la sua particolare attività, fondando il celebre e temuto Simon Wiesenthal Center, che aveva lo scopo di portare davanti ai tribunali internazionali i più efferati criminali di guerra, macchiatisi di orrori che nessuno vorrebbe mai ascoltare, ne vedere. In sessant’anni di frenetica attività, e dopo aver fondato questo centro di documentazione che come abbiamo visto porta il suo nome, Wiesenthal riuscì ad assicurare alla giustizia mondiale più di mille criminali di guerra nazisti. Tra questi voglio menzionare alcune delle catture più importanti ed eclatanti portate a compimento dalla caparbietà e dalla competenza di questo grande uomo e dai suoi validi collaboratori. Nel 1987 riuscì a rintracciare in Brasile, Franz Stangl, comandante del Campo di Concentramento di Treblinka, che dopo la guerra viveva beatamente in Austria: fu processato per la morte di 900 mila persone. Senza dubbio, il caso più celebre fu sicuramente la cattura di Adolf Eichmann, uno dei maggiori responsabili, se non il peggiore, della cosiddetta “soluzione finale” (lo sterminio sistematico della popolazione ebraica) che, scampato al processo di Norimberga, fu rintracciato nel 1953 a Buenos Aires, dove viveva sotto il falso nome di Ricardo Clement. Grazie alle informazioni che Wiesenthal passò al governo israeliano, Eichmann fu catturato nel 1960 e dopo il lungo e difficile processo fu giustiziato in Israele nel 1962. Hanna Arendt, filosofa, storica e scrittrice, seguì con grande attenzione tutte le fasi del processo Eichmann, che raccolse in un suo celebre libro La banalità del male, descrivendolo con una semplice quanto sconcertante frase, passata poi alla storia, come l’incarnazione dell’assoluta banalità del male. Il rammarico più grande per Wiesenthal fu sicuramente quello di non essere riuscito a catturare forse il più crudele criminale nazista di tutti i tempi: l’abominevole medico Josef Mengele, che dopo la guerra riuscì a rifugiarsi in Brasile e a far perdere definitivamente le sue tracce. I suoi crimini sono di un’atrocità tale, che forse nemmeno la sceneggiatura di un film potrebbe arrivare a raccontare tanto orrore. Infatti, tra gli innumerevoli esperimenti “medici” che Mengele praticava sui suoi “pazienti” completamente svegli e coscienti, vi era anche quello, ad esempio, di fasciare completamente il seno alle internate, affinché non potessero allattare i propri figli, che naturalmente motivano di fame in braccio alle loro mamme. Nei casi più estremi di forte disperazione, erano le stesse mamme che uccidevano i loro figli per risparmiarli una fine così atroce e dolorosa. Mengele, che fu soprannominato “Angelo della morte”, non fu mai catturato! Tra i moltissimi film girati sul martirio del popolo ebraico, voglio ricordarne almeno due: “I ragazzi venuti dal Brasile” nel quale un grande Gregory Peck è lo spietato e visionario medico nazista Mengele, e “Dossier Odessa”, con uno strepitoso, Jon Voight, che si fa aiutare proprio da Wiesenthal, (con il personaggio di Yacob Lieberman) per la cattura di un criminale nazista, Eduard Roschmann, sfuggito clamorosamente anch’egli alla giustizia. Wiesenthal è stato sicuramente un precursore, poiché ha cominciato la sua impresa negli anni in cui la giustizia internazionale, a causa della Guerra Fredda, non poteva operare liberamente. Il suo coraggio unito alla forza di volontà, ha cambiato il corso della storia, ricordando a distanza di molti anni sempre quei crimini per i quali il genere umano può provare solo vergogna, per coloro che li hanno perpetuati, che sapevano ma non hanno fatto nulla per mettere fine a quello scempio. E forse questo è anche peggio. Nel 2003, dopo un attacco di polmonite, Wiesenthal volle fare pubblicamente questa celebre dichiarazione: Il mio lavoro è terminato. Gli ultimi criminali nazisti eventualmente sopravvissuti sono ormai troppo anziani per essere portati davanti a un giudice. Wiesenthal morì a Vienna nel sonno il 20 settembre 2005 e fu sepolto in Israele nel cimitero di Herliya. Aveva 97 anni.

Articolo pubblicato il: 30 Novembre 2016 23:32

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