Critica&Teatro

Lezioni di teatro al Diana con Branciaroli e Orsini

Proprio come “i ragazzi” di Neil Simon, gli attori Franco Branciaroli e Umberto Orsini, in scena sono davvero “irresistibili”. Una vera lezione di teatro la loro che, anche nel vomerese Diana, ha riportato in auge le spesso dimenticate grandi interpretazioni e quelle commedie fatte da autori veri.

Ed ecco che per effetto di quell’antica magia, spesso offesa e vituperata, chiamata “recitazione”, i due signor attori Branciaroli e Orsini, rispettivamente nei panni del lunatico ed irascibile Willy Clark e del suo ex compagno di scena Al Lewis, hanno regalato al pubblico con la regia di Massimo Popolizio, due ore incandescenti di dramma, umorismo e cocente umanità.

Appropriandosi alla grande dello spirito dei due protagonisti de “I ragazzi irresistibili” dello straordinario drammaturgo statunitense, autore tra l’altro di altri moderni capolavori come “La strana coppia”, “A piedi nudi nel parco”, e “Invito a cena con delitto”, i due artisti hanno tracciato con appassionante compiutezza le vicissitudini degli attori Clark che vive a New York in un appartamentino d’albergo e Al che convive con la famiglia della figlia.

Mentre il primo ancora si arrangia con qualche spot pubblicitario, il secondo si è ritirato definitivamente dalle scene guadagnandosi l’ira dell’ex amico fin da quando, dieci anni prima, lo aveva abbandonato ritirandosi proprio all’apice del successo. Calato il silenzio tra di loro, il nipote e agente di Willy, Ben riesce ad ottenere un ingaggio dalla NBC per riunire il duo e riportare in tv il loro cavallo di battaglia rappresentato dallo sketch del dottore.

Da qui una serie di circostanze divise tra il comico e il nostalgico che vedono nuovamente, tra acciacchi, vecchiaia e visioni di vita diverse, i due artisti a confronto fino al definitivo e “comicamente” drammatico litigio sul set televisivo che provoca un infarto a Willy. Con Branciaroli perfetto nel misurare il grado di acidità del suo personaggio e matematico nel calibrare i momenti di perdita di memoria negando i propri malanni e rimproverando il nipote per la sua incapacità di agente, a fare da contraltare in scena c’è un “gigantesco” Orsini.

Il quale, nei panni dell’altro anziano artista, snocciola le sue battute alla perfezione creando in scena una sorta di armonia musicale dove al posto delle note vi sono le parole del copione ben tradotto da Masolino D’Amico teso a difendere la vivacità dei dialoghi. Ricco di battute e situazioni difficili da imitare, il lavoro di Simon si conferma come uno di quei grandi classici contemporanei capaci di evocare la malinconia pur senza concedergli mai grandi spazi.

L’incombenza della fine terrena è solo sfiorata e la nostalgia imperante legata ad una vita trascorsa, non priva mai la storia di luce e brillantezza. Con il valore aggiunto rappresentato dalla regia di un Popolizio intento a rispettare il testo e a favorire la naturalezza degli attori, compresa l’esaltazione della loro personalità, la commedia che beneficia pure delle belle scene di Maurizio Balò, dei costumi di Gianluca Sbicca e delle luci di Carlo Pediani, al Diana produce, risate e applausi non senza privare il pubblico della possibilità di commuoversi.

Bravi anche gli altri attori tra cui Flavio Francucci nei panni del nipote Ben; Chiara Stoppa in quelli di una disincantata infermiera e ancora, Eros Pascale e Emanuela Saccardi nel ruolo dell’assistente di ripresa e dell’infermiera dello sketch. E ciò, senza dimenticare la voce fuori campo del regista televisivo fornita dallo stesso Popolizio.

Il tutto fino allo struggente finale capace di esaltare l’interiorità dei due artisti ancora una volta accomunati dalla sorte e di lasciare immaginare come il loro spettacolo, nonostante l’abbassarsi delle luci non potrà mai finire.

Articolo pubblicato il: 26 Gennaio 2024 21:53

Giuseppe Giorgio

Caporedattore, giornalista professionista, cura la pagina degli spettacoli e di enogastronomia