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La Rosa non ci ama al Campania Teatro Festival con Cloris Brosca e Gianni De Feo

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Al Campania Teatro Festival domenica 26 giugno alle 22.30, in scena lo spettacolo di Roberto Russo “La Rosa non ci ama” con Cloris Brosca e Gianni De Feo.

La drammaturgia di Roberto Russo arriva al “Campania Teatro Festival”. Domenica 26 giugno alle 22.30, presentato da Lab di Tiziana Beato, al Bosco di Capodimonte- Praterie del Gigante, sarà la volta dello spettacolo “La Rosa non ci ama” (Carlo Gesualdo vs Maria d’Avalos) con Cloris Brosca e Gianni De Feo che ne cura anche la regia. Giunto nel prestigioso festival diretto da Ruggero Cappuccio e realizzato con la Regione Campania e la Fondazione Campania dei Festival, la messinscena, con due attori di grande esperienza, porterà alle luce insieme ai tratti di una storia capace di andare al di là del tempo, tutte le caratteristiche di un autore e drammaturgo complesso ed originale al tempo stesso.

«Se Carlo Gesualdo e Maria d’Avalos fossero stati, quanto meno, coevi di Dante – scrive Roberto Russo nelle sue note- non è azzardato immaginare che la loro vicenda avrebbe potuto essere parte dell’Inferno della Comedia. Ispirato da questa suggestione, ho strutturato inizio e  fine del testo su terzine incatenate e l’intero impianto drammaturgico è quello di una bolgia infernale popolata da personaggi tragici e grotteschi.

Il duplice omicidio di Piazza San Domenico, avvenuto nella notte fra il 16 ed il 17 ottobre del 1590, è un must narrativo e, suo malgrado, mitizzato. Amaro è infatti il destino dei protagonisti che, a distanza di secoli, sono ancora oggetto di pettegolezzi, invenzioni, morbosità, giudizi trancianti e pregiudizi. Il primo passo di avvicinamento che ho compiuto alla vicenda di Carlo Gesualdo e di Maria d’Avalos è stato ispirato al Rispetto per gli esseri umani e per la loro tragedia.

Il secondo è stato fare piazza pulita di leggende, preconcetti e particolari morbosi del tutto infondati. Il terzo è stato comprendere gli esseri come personaggi del proprio tempo. Anche lo stesso Gesualdo, sublime musicista proiettato nella modernità, socialmente e psicologicamente resta un uomo di fine ‘500». «Ho analizzato non solo la storia dell’accadimento – continua l’autore- ma l’ humus sociale, culturale e di costume nel quale si verificò. Primo responsabile della tragedia è stata la Gente con le sue voci, l’invidia, e con l’ammirazione morbosa verso i grandi signori ai quali chiedeva di essere all’altezza del proprio rango e del proprio nome.

Nasce così l’immagine della Rosa. Il fiore nel medioevo aveva un significato esoterico maligno poiché era il fiore delle streghe e della fascinazione perversa. La Rosa è la metafora dell’ amore malato, del possesso, della violenza,della manipolazione, ma anche di quell’altra forma di “amore” che in cambio della celebrità, del successo, e della considerazione sociale, richiede un prezzo: coloro che sono oggetto di tale amore devono essere sempre all’altezza della propria immagine e del proprio nome. Il progetto propone una nuova lettura della storia, e del suo significato, nella quale i personaggi con l’acquisita consapevolezza delle proprie dissonanze (musicali e/o esistenziali) saranno il contrappunto di una nuova Armonia». 

«Ho privilegiato- scrive dal canto suo il regista ed interprete De Feo- un’atmosfera notturna da cui, come barboni, emergono due personaggi. Sarà l’azione scenica a riproporre, in una ritualità ossessiva, le figure di Carlo e Maria. La regia alterna fra colori e musica, personaggi infernali, grottesche figure sul proscenio dell’orrore». L’ impianto scenografico e costumi sono di Roberto Rinaldi, le musiche originali di Alessandro Panatteri, la consulenza musicale di M. Adriana Caggiano e la consulenza per lo spagnolo di Lorenzo Russo.

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