venerdì, Marzo 29, 2024

QUANDO IL TEATRO DIVENTA DENUNCIA

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di Maria Sordino

“Strage di genere femminile plurale. Storie di orchi e di principesse sole” è il titolo della rappresentazione teatrale che denuncia la condizione femminile, nel secondo decennio degli anni duemila. Questo è l’obiettivo che la compagnia TeatroAperto di Napoli ha realizzato, grazie all’idea dell’autrice e attrice-protagonista, Angela Cicala. L’opera è stata presentata all’attento pubblico del Teatro Augusteo, in occasione della finale della rassegna teatrale 2016.

Il sipario si apre su un’immagine che capta subito l’attenzione dello spettatore ed è un richiamo alla   speranza: dieci paia di scarpe rosse, disposte ordinatamente sul bordo, sono un omaggio a Dacia Maraini e un invito: “…attraversare esistenze…calzando altre scarpe, annusando altri odori.”

Scenografie essenziali, fatti di scarni assi di legno, fanno da cornice a figure di donne e uomini che danno voce al dolore di chi voce non ha, per la paura di reagire alla segregazione imposta dalla supremazia dell’uomo compagno-padre-marito. Ed è proprio la voce di questi bravissimi e poliedrici attori a condurre lo spettatore nel dramma della narrazione. Un insieme di figure che si muovono sul palcoscenico in perfetta armonia e con il movimento dei corpi, con la danza lo guidano nell’ascolto dell’intimo dramma delle donne violate. Un viaggio nella storia, attraverso storie vere di donne senza diritti: donne recluse nella propria casa da mariti-padroni, donne imprigionate da credi religiosi, confinate dietro i pesanti teli del Burqa, donne streghe condannate al rogo dall’ignoranza dell’Inquisizione. Donne che vivono in società “chiuse” immobilizzate nei secoli dallo strapotere  maschile, dal pregiudizio ancestrale che le discrimina e le relega in una condizione di ignoranza e di controllo. Sono le donne del Pakistan, dell’Afghanistan, dell’india, della Siria.

Ma “Strage di genere femminile plurale” non è soltanto la denuncia di abomini compiuti contro le donne nei secoli. Salgono sul palcoscenico anche le donne di oggi, figlie, mogli e madri sconosciute al mondo, finché la violenza dei loro aguzzini non le ha immolate sugli altari della cronaca.

Dieci scene per raccontare tutto questo, per cercare una spiegazione, per dare un senso alle morti violente, che riempiono ancora oggi le pagine dei giornali.

La rappresentazione prova a fotografare istantanee sulla cultura del disprezzo verso la femminilità, su una visione distorta e malata dell’amore, che spesso contagia le stesse donne, incapaci di intravedere altro, oltre il silenzio e la paura. Così sul palco si alternano dieci attrici-ballerine, unite per denunciare il dramma di tutte coloro che sono incapaci di urlare, di farsi ascoltare, di prendere coscienza della propria condizione di schiave e che si nascondono, mentono a se stesse e si rassegnano alla vergogna, convincendosi di colpe inesistenti.Foto 2 Teatro Augusteo

Fanno eco alla denuncia, quattro voci di genere maschile plurale, di altrettanti bravi attori, che bene interpretano il ruolo di coloro che non sanno ascoltare, che scaricano frustrazioni e fallimenti, che scambiano amore per possesso, che giocano a fare l’orco e scelgono la forza delle mani.

Voci e parole, parole e danza, che per sessanta minuti accompagnano lo spettatore in un percorso di consapevolezza e riflessione.

Angela Cicala ha realizzato questo lavoro teatrale, traendo l’ispirazione e l’idea dalla sua esperienza personale. L’insegnamento ventennale nella Casa Circondariale Femminile di Pozzuoli le ha permesso di contattare, senza filtri e mediazioni, un infinito femminile e scoprirlo problematico, escluso e recluso ancora prima di varcare i cancelli della prigione.

La regia è di Angela Cicala e Salvatore di Fraia. Le attrici in ordine alfabetico sono Angela Borrone,  Enza Buono, Melissa Butto, Palmira Butto, Angela Cicala, Mariapia De Simone, Chiara Maresca, Alice Monti, insieme alle giovanissime Carlotta Monti e Sveva Saccardi. Gli attori sono Salvatore di Fraia, Raffaele Rivelli, Gino Saccardi, Pierantonio Savovalente.

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