Critica&Teatro

Geppy Gleijeses all’Augusteo tra Scarpetta e Pirandello nel nome di Eduardo

Allontanatosi dalla paterna farsa scarpettiana, Eduardo De Filippo, seppe dapprima attraversare i sentieri pirandelliani, poi oltrepassare i confini vivianei ed infine, accostarsi al grande Shakespeare con un idioma decifrabile nel mondo intero. Nelle sue opere, ad evidenziarsi, sono stati sempre i segnali di un fermento contestatario capace di anticipare profeticamente gli eventi mentre, nel suo pensiero, a farsi largo è stato metodicamente il desiderio di un benefico rinnovamento.

“L’unica cosa che conta veramente nella vita di un artista – scrisse Eduardo – è il futuro, e il passato, a insistervi a lungo, limita la creatività e la voglia di essere creativi”. Ed è proprio a quel futuro invocato da un Eduardo spinto dalla triste evidenza dei fatti a pronunciare, a proposito della sua città, la fatidica parola “Fujtevenne”, che si è attaccato Geppy Gleijeses.

Lo stesso che, con lo spettacolo del suo primo e straordinario maestro “Uomo e Galantuomo” presentato al teatro Augusteo, ha dimostrato, celebrazioni ed omaggi alla memoria a parte, di volere continuare a lavorare devotamente su di un passato teatrale glorioso e capace ancora di offrire linfa vitale a nuovi fenomeni e tendenze.

Con la regia di Armando Pugliese, il figlio Lorenzo ed ancora, con Ernesto Mahieux e un nugolo di attori, tra cui vanno almeno citati Gino Curcione e Ciro Capano, l’interprete Geppy Gleijeses, con la messinscena che è ritornata alla ribalta a 101 anni dalla stesura di un ventiduenne Eduardo, si è subito diretto, dapprima verso il personale tributo al commediografo del Novecento italiano e poi verso la ricerca delle tracce lasciate da colui che per circa un secolo ha saputo fare grande il teatro napoletano.

Grazie a un testo che vanta un meccanismo da orologio svizzero, Geppy, ha inteso evocare, sia pure tenendo ben lontano la trappola dell’emulazione, le gesta dell’attore, autore e regista, figlio naturale di quel grande innovatore del teatro comico napoletano che fu Eduardo Scarpetta.

Così, proiettando tutti in una dimensione fatta soprattutto di stati d’animo ed emozioni in grado di superare il tempo, Gleijeses padre, nei panni del povero e malandato capocomico Gennaro De Sia, in scena, incontra innanzitutto i tratti di quell’antica commedia dell’arte e della farsa scarpettiana e poi quello stesso Pirandello che dopo aver affascinato il maggiore dei De Filippo, gli lasciò intravedere gli aspetti più personali ed introspettivi dell’uomo spaccato in due tra la normalità di facciata e la follia.

Con le sue sortite divise tra il farsesco e il burlesco ed ancora, con suoi tratti ora surreali e ora vicini alla corrente verista, pronti a raggiungere i territori del grottesco e del metateatro, “Uomo e Galantuomo” diretto da Pugliese e interpretato da Geppy Gleijeses alla sua settima esperienza con Eduardo, rimane dall’inizio alla fine in bilico tra il passato e il futuro.

Sulla scia delle musiche di Paolo Coletta, la commedia scritta da Eduardo nel 1922 e rappresentata per la prima volta nel 1933 con il titolo “Fatto il guaio riparerò”, tra sani di mente che si fingono pazzi e pazzi che ritornano sani, incorona Gleijeses come il continuatore di una tradizione teatrale gloriosa e intoccabile.

Pervasa da un umorismo poetico e da un’armonia fatta di immediatezza e pungente psicologia, “Uomo e Galantuomo” con il suo finale non finale, ancora una volta, si conferma grande opera teatrale. E ciò, mostrando in palcoscenico come dei lazzi e dei guizzi recitativi apparentemente clowneschi, riescano a nascondere le drammatiche immagini della più compassionevole umanità.

Articolo pubblicato il: 15 Novembre 2023 18:51

Giuseppe Giorgio

Caporedattore, giornalista professionista, cura la pagina degli spettacoli e di enogastronomia