giovedì, Marzo 28, 2024

Stangata Tari, ecco come fare per richiedere il rimborso

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Anche nel Comune di Napoli la Tari è stata applicata più volte su un singolo immobile. Ecco come verificare e richiedere il rimborso.

La tassa sui rifiuti, la Tari in molti comuni è stata applicata più volte su un singolo immobile, in alcuni casi fino a raddoppiare. Il problema non è di poco conto, visto che riguarda molti comuni, alcuni anche grandissimi. Un primo check alle delibere l’ha fatto il Sole24Ore scoprendo che a sbagliare sono stati i comuni di Milano e Genova, Napoli e Catanzaro, Cagliari e Ancona, Rimini e Siracusa. Il merito di aver scoperto questa anomalia nei contaggi, dando così l’avvio ad una campagna di rimborsi che potrebbe valere anche molti milioni, va al deputato M5s, il pugliese Giuseppe L’Abbate.

Stangata Tari, ecco come fare per richiedere il rimborsoIl suo commercialista gli aveva segnalato l’anomalia commessa nel comune dove risiede, Polignano a Mare. Lui ha quindi chiesto chiarimenti con una interrogazione alla quale il ministero dell’Economia in Commissione Finanze ha dato una risposta, sicuramente tecnica, ma chiarissima nel senso e nelle conseguenze. «La parte variabile della tariffa – ha spiegato il sottosegretario Pierpaolo Baretta – va computata solo una volta considerando l’intera superficie dell’utenza composta sia dalla parte abitativa che dalle pertinenze situate nello stesso comune». L’esempio portato dall’interrogazione era quello di un appartamento di 100 metri, con un garage di 30 metri e una cantina di 20 metri. In concreto il comune aveva applicato i 2 euro della quota fissa sui 100 metri e sul 50% della superficie di garage e cantina. Ma poi aveva applicato su ogni singolo cespite catastale i 141 euro della quota variabile, che così veniva moltiplicata per tre. Praticamente la tassa pagata è stata di 673 euro contro i 391 che, in base al chiarimento del ministero dell’Economia, dovranno essere pagati.

Ecco come verificare l’anomalia e richiedere il rimborso

Il contribuente, dopo aver attentamente verificato la propria posizione dovrebbe quindi chiedere al Comune il rimborso di quanto indebitamente pagato o la compensazione sulla bolletta dell’anno prossimo. L’operazione dovrebbe comunque passare attraverso una rideterminazione complessiva delle tariffe, riguardante l’intera platea delle utenze domestiche: quelle con pertinenze, che sono state penalizzate e quelle senza pertinenze. Ci sono cinque anni di tempo dal versamento per chiedere il rimborso, che il Comune dovrebbe effettuare entro 180 giorni dalla presentazione dell’istanza. Ovviamente l’eventuale riscontro negativo ovvero il silenzio-rifiuto espone l’ente ad un contenzioso che potrebbe rivelarsi controproducente, alla luce della recente interpretazione ministeriale.

Sono pochi i Comuni che hanno espressamente previsto nei loro regolamenti Tari la non applicabilità della quota variabile alle pertinenze dell’utenza domestica. Si dovrebbero quindi leggere attentamente gli avvisi di pagamento che l’ente ha inviato a tutti i contribuenti (la Tari è riscossa normalmente su liquidazione d’ufficio) e verificare, in caso di pertinenze, che la quota variabile applicata risulti pari a zero euro.

In genere l’avviso di pagamento della Tari contiene il riepilogo dell’importo da pagare, le istruzioni per il versamento (scadenza rate e codice tributo) nonché il dettaglio delle somme. È in questa parte che l’ente indica le unità immobiliari (con i dati catastali: foglio, particella, sub), la superficie tassata, il numero degli occupanti e la quota fissa e variabile distinta per ogni unità immobiliare. La quota variabile deve essere presente solo per l’abitazione, non anche per le eventuali pertinenze.

L’articolo 1 comma 164 della legge 296/2006 (finanziaria 2007) stabilisce che il rimborso delle somme versate e non dovute deve essere richiesto dal contribuente entro il termine di cinque anni dal giorno del versamento, ovvero da quello in cui è stato accertato il diritto alla restituzione. La stessa norma impone inoltre all’ente di effettuare il rimborso entro centottanta giorni dalla data di presentazione dell’istanza, ma non è da escludere un eventuale silenzio-rifiuto da parte dell’ente.

Il contribuente, in caso di diniego espresso al rimborso, ha 60 giorni di tempo per proporre ricorso alla commissione tributaria provinciale territorialmente competente. Nel caso di silenzio-rifiuto – che si forma dopo 90 giorni dalla presentazione dell’istanza (articolo 21 Dlgs 546/92), ma è consigliabile attendere 180 giorni previsti dalla norma sui tributi locali (comma 164 legge 296/06) – il contribuente deve proporre ricorso entro cinque anni (termine di prescrizione del diritto secondo la giurisprudenza più recente).

La disciplina sul processo tributario impone al contribuente di inserire nel ricorso tutti i motivi che costituiscono la materia del contendere, non essendo possibile, in seguito, integrare il ricorso con altri motivi. Pertanto se il soggetto passivo non ha sollevato subito, in sede di motivi di ricorso, la questione dell’illegittimità della duplicazione della quota variabile Tari, non potrà più farlo successivamente.

In caso di gestione esterna del tributo, ad esempio da parte della società che gestisce il servizio rifiuti (che potrebbe essere una società in house), il contribuente deve presentare a questa e non al Comune l’istanza di rimborso della quota Tari indebitamente pagata. Allo stesso modo, in caso di diniego o silenzio-rifiuto, il ricorso dovrà essere proposto contro la società.

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