mercoledì, Aprile 24, 2024

LA STRETTA DI MANO DEL BANCARIO

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Piccola e simpatica lezione di semiotica sulla stretta di mano. Sì, perché sempre più spesso mi imbatto in imprenditori increduli che arrivano nel mio studio di consulenza sempre meravigliati dell’inaspettato, inatteso, impensato comportamento della banca e di chi la rappresenta. LEZIONI IMPARATE? Certo. Ma la meraviglia è anche mia perché, a meno che non si sia vissuto su Marte negli ultimi sette anni, qualche spiegazione “tecnica”, è stata pur data. Qualche interpretazione e chiarimento in merito alle cause (Basilea 2, credit crunch, crisi di liquidità) che hanno determinato quei criteri di ragionamento sono stati forniti in questo libro e in quello precedente. Ma questa volta parliamo di altro.

MACCHÉ GENTILUOMINI. Lo studio di un gesto come la stretta di mano è fondamentale per dare poi a quel segno la giusta interpretazione.

Solitamente suggella un accordo tra gentiluomini, tanto che spesso sentiamo banalmente ripetere che «nei tempi passati» bastava solo quello.

Purtroppo per molti cittadini (e per la mia esperienza professionale soprattutto piccoli imprenditori) nel loro rapporto con la banca quel gesto che sostituisce carte, contratti e inchiostro è ancora maledettamente valido.

UN PATTO DI NOBILTÀ. La stretta di mano ha origini antichissime e nacque, apparentemente, come modo di far verificare che non si possedessero armi. Un gesto di pace insomma, nobile. Da questo uso si è giunto al saluto come lo conosciamo noi, ma ha mantenuto quel sapore di nobiltà, un senso alto di “patto”. Tanto da far coniare il proverbiale «Basta una stretta di mano».

IN FINANZA VALE ZERO. Già, ma vi starete chiedendo il perché di tutto questo preambolo.

In un mondo come quello della finanza, dove circolano milioni di euro sporchi, dove gli interessi e il profitto “non etico” sono la norma, il gesto della stretta di mano (e per estensione la rassicurazione verbale, la parola data) non conta nulla. Il bancario è sempre pronto a tradire il cliente Dare la mano diventa il primo e fondamentale modo di conoscere chi si ha di fronte.

Non conta niente perché in banca viene sconfessato dai dirigenti, quadri e impiegati senza un minimo di dignità in nome di un sempre sopraggiunto «ordine dall’alto»; viene rinnegata la parola (promessa) data in virtù di un accordo scritto che fino a pochi secondi prima era «pura formalità» (verba volant, scripta manent). Stringere una mano è un atto formale e sostanziale, è la prima presentazione, il mezzo con il quale si afferma la propria identità.

UN PUGNO DI MOSCHE. Chi si dimentica di aver stretto un patto così, senza neanche la giustificazione di una condizione impareggiabile sopraggiunta (che non approviamo, ma potremmo, forzando un po’, giustificare) tradisce la nobiltà del gesto e, oggi come in passato, viene “pesato” per quello che è, rischiando così di rimanere con un pugno di mosche in mano.

E allora è tutto chiaro? Il bancario viene formato affinché fisiologicamente consideri il cliente (è una frase che sentii pronunciare da un dirigente nei miei primi anni di banca) «appartenente o alla categoria di quelli che te lo hanno già messo nel c… oppure a quella di chi te lo vuole mettere nel c…».

NON C’È RISPETTO. Così si allena un bancario, senza una stima di base per il cliente, senza un rispetto sostanziale di chi rappresenta un asset importante del proprio conto economico. Ma solo onorando una forma che è finalizzata a massimizzare la “spremitura” del correntista.

Anche quando i rapporti si stanno deteriorando. Anzi, proprio in quel momento occorre stare con gli occhi più aperti perché con comportamenti surrettizi e scorretti la banca cerca di sistemare – un po’ prima di comunicare al cliente (soprattutto piccolo imprenditore) che si vuole disimpegnare – alcune irregolarità di cui lo stesso cliente non ha consapevolezza.

SENZA DEONTOLOGIA. Non hanno una deontologia etica e contrariamente alle organizzazioni mafiose (che invece danno valore alla stretta di mano), le banche la sfoderano dopo carte, contratti e inchiostro.

Vi sto avvisando. Perché non ho armi da nascondere e non voglio  che la gente si dimentichi del disvalore di una stretta di mano. Noi di loro non ci fidiamo, che ci volete fare: siamo gente all’antica. Chi ha orecchie per intendere, intenda.

Vincenzo Imperatore

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