venerdì, Marzo 29, 2024

De Majo a Colasio: “Napoli merita le scuse, dimostrato senso di responsabilità”

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Luigi Maria Mormone
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Luigi Maria Mormone, cura la pagina di cronaca su Napoli e provincia, attualità e sport (pallanuoto, basket, volley, calcio femminile ecc.), laureato in Filologia Moderna, giornalista.

Eleonora de Majo (assessora alla Cultura) chiede ad Andrea Colasio le scuse. L’assessore alla Cultura di Padova aveva scritto sui social a proposito delle chiusure di ristoranti e luoghi della cultura che “Padova non è Napoli e c’è molto senso civico”.

Basta! Davvero non se ne può più! Queste battute sarebbero fuori luogo anche pronunciate al bancone di un bar”. Così in un post su Facebook, l’assessora alla cultura del comune di Napoli Eleonora de Majo in merito alle parole pronunciate dall’assessore alla cultura del comune di Padova, secondo cui “Padova non è Napoli e c’è molto senso civico”.

Parole pronunciate per contestare le misure contenute nell’ultimo DPCM e le chiusure dei ristoranti e dei luoghi della cultura e che, continua de Majo “dimostrano plasticamente quanto il razzismo, gli stereotipi carichi di pregiudizio e la sottocultura antimeridionale, siano sentimenti incrostati nelle viscere del nostro paese. La città merita delle scuse.

Napoli ha dimostrato in questi mesi, come tutte le altre città italiane, un enorme senso di responsabilità ed una straordinaria capacità di cura della comunità, nonostante un reddito pro capite medio che è quasi la metà di molte città del settentrione. Napoli è stata la città delle mani tese e dei “panari” pieni di cibo calati ai balconi durante il lockdown per offrire a chi non aveva niente, qualcosa da mangiare.

È stata la città in cui d’estate si sono organizzati più di trecento eventi culturali piccoli e grandi, tra centro e periferia, tutti nel massimo rispetto delle prescrizioni e nella massima tutela della saluta pubblica. È anche per questo che le parole dell’Assessore Colasio risultano ancora più deprecabili e fuori luogo e richiedono una immediata smentita”.

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