venerdì, Aprile 19, 2024

Cancro, scoperta la proteina NUAK2 che rende i tumori più aggressivi

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Maria Sordino
Maria Sordinohttps://www.2anews.it
Maria Sordino - cura la pagina della sanità, sociale, attualità, è laureata in Scienze Biologiche, scrittrice.

Scoperta all’Università di Toronto la proteina NUAK2, che accelera la proliferazione del cancro, rendendo la malattia più aggressiva e letale.

La proteina NUAK2 è capace di accelerare la crescita dei tumori rendendoli più aggressivi: agisce permettendo a una coppia di molecole sabotatrici, YAP e TAZ, di entrare nella cellula tumorale e di legarsi al Dna, accendendo in maniera anomala i geni che controllano il ciclo cellulare. 

YAP e TAZ appartengono a una rete di proteine che sono alla base della normale crescita cellulare, ma che ‘impazziscono’ quando si innesca il cancro e ne favoriscono lo sviluppo.

Risultati dei primi esperimenti

I primi esperimenti, condotti sui topi da un gruppo di ricerca coordinato da Liliana Attanasio dell’Università di Toronto in Canada, hanno verificato la presenza di NUAK2 all’interno di biopsie prelevate da pazienti con carcinoma alla vescica e hanno evidenziato che quelli con prognosi più infausta, cioè colpiti dai tumori più aggressivi e letali, avevano livelli più elevati di NUAK2. 

Attraverso esperimenti condotti su cellule in coltura e su topi, gli scienziati hanno poi scoperto che, bloccando NUAK2, le proteine YAP e TAZ non possono entrare nel nucleo e agganciarsi al DNA, rallentando così la proliferazione dei tumori e riducendone l’aggressività. 

La proteina NUAK2 potrebbe quindi diventare il bersaglio privilegiato per una nuova famiglia di farmaci o per terapie geniche in grado di inattivarla, bloccando così l’avanzata del tumore.

Quando la sperimentazione sull’uomo?

Ma, prima di giungere alla sperimentazione sull’uomo, è ancora necessario un lungo percorso di studi. Infatti, per arrivare alla sperimentazione umana potrebbero volerci anche dieci anni, dato che dovranno essere eseguiti innanzitutto test approfonditi su modelli animali. 

I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sull’autorevole rivista scientifica Nature Communications. (Fonte: Ansa, modificato)

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