sabato, Aprile 20, 2024

Immigrati: Il sindaco di Vitulano dice “no”. Poi arriva l’accordo

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Per impedire l’arrivo di nuovi immigrati nel suo paese, il sindaco di Vitulano ha chiuso la strada con un’ordinanza e ha fatto scaricare una massa di terra per bloccare l’unica via d’accesso alla struttura che li avrebbe accolti. Ma dopo alcune polemiche, arriva l’accordo: la prefettura chiude il centro, così non arriveranno altri rifugiati.

E’ accaduto a Vitulano, in provincia di Benevento, dove il primo cittadino, Raffaele Scarinzi, ha chiuso la strada con transenne e cumuli di terreno, per impedire l’accesso dei migranti all’agriturismo che li avrebbe ospitati.

Il fatto – Vitulano ha già un Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati, lo SPRAR, costituito da una rete di centri di “seconda accoglienza”, destinata ai richiedenti e ai titolari di protezione internazionale. Nei giorni scorsi, dopo la chiusura di un altro centro in periferia di Benevento, era stato disposto dalla prefettura il trasferimento, presso Vitulano, di altri 34 migranti. I rifugiati avevano protestato perché, a loro avviso, la sistemazione non era adeguata. Ma anche i cittadini di Vitulano avevano contestato la scelta di destinare altri migranti in paese.

Il sindaco era intervenuto, quindi, affermando: “Con gli immigrati bisogna che lo Stato rispetti i patti e le regole con gli enti locali. I comuni che già ospitano uno Sprar non possono ospitare altre strutture per immigrati gestite da privati“.

Così era stata emessa l’ordinanza sindacale, eseguita poi scaricando una massa di terra sull’unica via di accesso – la strada comunale Castello/Arnara – alla struttura ricettiva.

Il blocco è stato rimosso quasi subito. La terra che impediva il passaggio è ora accumulata sul ciglio della strada e le transenne sono stata spostate. La prefettura di Benevento ha comunicato che la struttura ricettiva è stata chiusa e che dunque a Vitulano non saranno alloggiati altri migranti. Questo significa, spiega il sindaco, che di fatto l’ordinanza, “che era stata adottata perché la strada non era idonea a reggere il traffico ulteriore determinato dalla presenza, oltre che dei migranti, anche di carabinieri, operatori, volontari”, non ha più ragion d’essere ed è destinata ad essere ritirata.

immigratiIl problema – Già a settembre il sindaco di Vitulano aveva guidato la rivolta dei comuni virtuosi, impegnati attraverso la rete Sprar, con l’integrazione e l’accoglienza, perché, senza essere interpellati, si trovavano sul proprio territorio altre decine di migranti in strutture temporanee prefettizie. Queste le parole di Scarinzi: “Abbiamo la cultura dell’accoglienza, ma deve essere sostenibile. Qui da noi i migranti stanno meglio che altrove, ma se lo Stato non rispetta i patti è legittimo protestare”. Le azioni e le parole del sindaco sono diventate però oggetto di una battaglia mediatica, che ha visto coinvolto persino Salvini che, come al solito, ha cavalcato l’onda, aggiungendo caos a caos. Eppure il ‘no’ di Vitulano non ha nulla a che fare con il razzismo. E’ solo il segnale di un malcontento, causato da un governo assente che ha affidato tutto alle prefetture che, a loro volta, hanno consegnato i migranti alle cooperative e ai privati. Non affrontare un problema, però, non significa risolverlo.

La verità è che in Italia non ci sono linee guida, non c’è una strategia, non c’è nessun reale progetto di integrazione. Niente di niente. Si prendono gli immigrati, si piazzano dove ci sono strutture, si pagano i privati (con i soldi Ue) e chi s’è visto s’è visto. Senza rispetto, né per le comunità, né per gli ospiti. E soprattutto ignorando quello che potrebbe accadere quando chi alloggia in quelle strutture dovrà comunque andare via. Dove? A far cosa? Con quali prospettive?

Tra un po’ finisce l’inverno. Gli sbarchi continueranno e le tensioni cresceranno. Nel frattempo ci si divide tra coloro che pensano ‘prima gli italiani’ e coloro che sono per l’accoglienza a prescindere (ma come e dove?). Una contrapposizione che serve solo a far crescere estremismi. E inevitabili scontri.

Un buon esempio da seguire – A Bologna si cercano famiglie nell’ambito di un progetto “A casa mia”, promosso dall’associazione di mediatrici interculturali Amiss, con Asp e Comune di Bologna, per aiutare gli adolescenti senza genitori ad accedere alle reti sociali e offrire a questi ragazzi la possibilità di conoscere la città in cui si trovano a vivere.

Si stima che siano 378 i minori, per lo più stranieri e adolescenti, accolti nelle strutture del Comune perché privi di famiglia o con madri sole o genitori che non possono seguirli.

La maggior parte di loro ha un’età compresa tra i 14  e i 17 anni. Vengono dai Paesi dell’Est, dall’Africa, dal Bangladesh e sono adolescenti non accompagnati sopravvissuti agli sbarchi e a viaggi estenuanti, protetti dal sistema di prima accoglienza del Comune.

Le famiglie bolognesi disponibili possono impegnarsi anche con un solo giorno alla settimana o un week end, invitandoli a pranzo o al cinema, allo stadio o a fare una passeggiata per conoscere Bologna. Quando le parole diventano fatti…

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