giovedì, Aprile 18, 2024

Cartelle esattoriali, addio alla prescrizione breve

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Incubo cartelle esattoriali, allungati i tempi di prescrizione da 5 a 10 anni. Il fisco avrà molto più tempo per dare il via a pignoramenti e fermi amministrativi. 

Brutte notizie per i contribuenti e, in particolar modo, su quelli che hanno ricevuto, negli anni passati, almeno una cartella esattoriale di Equitalia. Nella legge di bilancio, è contenuta una norma volta a resuscitare tutti i debiti con l’Agente della Riscossione benché ormai prescritti e, quindi, estinti. In pratica, la nuova disposizione ridefinisce, in via retroattiva, la prescrizione di tutte le cartelle esattoriali, elevandola sempre a dieci anni, anche per i tributi che, per legge, hanno un termine di scadenza più breve. In questo modo i termini di prescrizione delle cartelle relative a multe stradali, Imu, Tasi, bollo auto, contributi Inps e Inail, imposta sui rifiuti vengono tutti raddoppiati (per il bollo auto il termine è addirittura triplicato). Il tutto per concedere l’ulteriore privilegio al nuovo esattore in fase di riscossione: pignoramenti, ipoteche e fermi auto potranno estendersi anche ai debiti che ormai i contribuenti avevano ritenuto morti e sepolti. Il paradosso è che, se la norma non verrà modificata, chi non ha fatto richiesta di rottamazione delle vecchie cartelle esattoriali perché le riteneva ormai prescritte, e quindi non dovute, si vedrà ora pignorare ugualmente la casa, lo stipendio o la pensione posto che quel debito verrà automaticamente resuscitato.

Per diversi anni, Equitalia ha sostenuto, nelle proprie difese in tribunale, una tesi ritenuta però errata da gran parte dei giudici. Secondo l’ex esattore, le cartelle di pagamento, se non contestate nei 60 giorni dalla notifica, sarebbero da considerarsi al pari di sentenze definitive. Ebbene, per le sentenze «passate in giudicato» (questo il termine tecnico) la prescrizione è sempre di 10 anni; quindi tale sarebbe anche la prescrizione per le cartelle non impugnate. In verità la Cassazione, da ultimo con una sentenza delle Sezioni Unite di novembre scorso, ha detto l’esatto contrario: le cartelle, anche se non più contestabili (per decorso dei 60 giorni), restano atti amministrativi e la prescrizione è quella tipica del tributo stabilita dalla legge speciale. Ad esempio, per le cartelle del bollo auto la prescrizione è di 3 anni, quelle per Imu, Tasi, multe stradali, contributi Inps e Inail di 5 anni; Iva e Irpef di 10 anni.

Ora però nella legge di Bilancio è stata inserita una norma “di interpretazione autentica” che ha effetti retroattivi. Secondo il testo, la cartella di pagamento non contestata si prescrive sempre in 10 anni a prescindere dal tipo di importo richiesto. Questo per i ruoli fino al 31 dicembre 2017; invece per quelli a partire dal 1° gennaio 2018 varrà di nuovo la sentenza delle Sezioni Unite e quindi la prescrizione torna ad essere quella tipica di ciascun tributo. Con buona pace di quanto hanno detto le Sezioni Unite della Cassazione.

Qual è l’incredibile conseguenza di tale disposizione? Che chi riteneva di essere ormai libero dai debiti per intervenuta prescrizione – e magari proprio per questo non ha presentato domanda di rottamazione delle cartelle esattoriali – si troverà invece di nuovo lo spettro del pignoramento. Né ci sarà per lui la possibilità di chiedere la rimessione in termini nell’istanza di definizione agevolata dei ruoli, essendo ormai scaduti i termini. Insomma, il Governo vuol far tornare debitori migliaia di italiani.

(laleggepertutti)

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